martedì 13 novembre 2018
Il Tribunale del Riesame ha fatto cadere l'accusa per Alinno e Minthe, che restano comunque in cella. L'accusa di violenza sessuale di gruppo cade e diventa abuso sessuale su minore
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Uno scenario parzialmente diverso. Forse. Il tribunale del Riesame di Roma ha annullato l’accusa di omicidio per Alinno Chima e Brian Minteh, due delle persone arrestate nell’ambito dell’indagine sulla morte di Desirée Mariottini, sedici anni, nella notte tra il 18 e il 19 ottobre in uno stabile abbandonato in via dei Lucani 22, nel quartiere San Lorenzo. Resta il reato di spaccio, mentre viene derubricata l’accusa di violenza sessuale che, secondo il giudice, c’è stata ma non «di gruppo». Ma la Procura va avanti con l’impostazione iniziale. Secondo gli inquirenti gli spacciatori diedero alla sedicenne una quantità di droga sufficiente ad ucciderla e ne erano consapevoli.

Tuttavia la decisione del Tribunale in qualche modo scalfisce i risultati dell’inchiesta e l’accusa di omicidio con tutta probabilità sarà derubricata per tutti gli indagati nel reato di «morte come conseguenza di altro reato». Sebbene appunto in Procura non si cambi idea: «Siamo ancora nella fase degli indizi – si fa sapere –, quindi è giusto che il Tribunale faccia le sue valutazioni. Aspettiamo di conoscere le motivazioni del provvedimento. Il nostro quadro accusatorio però non cambia di una virgola. Anzi».

Il tribunale del Riesame valuterà mercoledì anche la posizione di Mamadou Gara, il terzo straniero fermato a Roma, mentre per Yousif Salia, l’uomo arrestato a Foggia, l’accusa di omicidio era caduta già in sede di convalida del fermo. I quattro restano in carcere, così come Marco Mancini, il 36enne arrestato per spaccio nell’ambito dell’inchiesta. Per lui, sempre oggi, si terrà a Regina Coeli l’interrogatorio di convalida.

Secondo la ricostruzione della Procura, quando la ragazza morì frequentava lo stabile abbandonato in Via dei Lucani, nel quartiere San Lorenzo, da quasi due settimane. Lì andava a procurarsi la droga e sempre lì la consumava. Andava e veniva da quel posto, dove poi la notte del 19 ottobre è morta per aver assunto un mix di droghe. Dopo che nel pomeriggio del 18 ottobre era tornata per cercare degli stupefacenti, che aveva chiesto e ottenuto dagli arrestati.

Quando poi si è sentita male, nessuno ha chiamato il 118 o ha chiesto aiuto e la giovane, ridotta all’incoscienza, è stata violentata. Desirée non si è opposta in alcun modo, né avrebbe potuto farlo perché non era in sé e nemmeno si reggeva in piedi, mentre gli aggressori, senza nessuna pietà, le erano addosso. Dopo gli abusi l’hanno abbandonata a terra, tremante. Se ne sono andati e l’hanno lasciata morire.

Continua così a essere segnata da colpi di scena l’inchiesta sulla morte di Desirée. Compreso l’arresto di un italiano, Marco Mancini, 37 anni, fermato dagli uomini della Mobile sabato scorso con l’accusa di detenzione e cessione illecita di sostanze stupefacenti quali cocaina ed eroina e psicofarmaci capaci di indurre effetti psicotropi, individuato anche grazie al sistema di tracciatura dei farmaci che viene effettuata dalle farmacie italiane. Infatti a incastrare il pusher è stato proprio l’acquisto di un farmaco, usato poi nel mix di sostanze che è risultato letale per la vita di Desirée.

«Lui portava medicinali, di ogni tipo – ha raccontato agli inquirenti un testimone – e in cambio gli davano la droga». Lì dentro, nel suo quartier generale, l’area abbandonata di via dei Lucani, stando a testimoni, «si poteva trovare qualsiasi tipo di droga».

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