giovedì 13 dicembre 2012
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​Silvio Berlusconi lo tira per la giacca. Ma Mario Monti tira dritto per la sua strada. Il premier apprende della sorprendente "offerta" del Cavaliere («Scendi in campo e mi faccio da parte»), mentre è in viaggio per Bruxelles, dove da oggi parteciperà al Consiglio europeo. E il suo commento è freddo. Ormai tra i due è un continuo rimando alle responsabilità recenti e passate.«La mia decisione non dipende da nessuna offerta altrui», commenta il premier appena sbarcato nella capitale belga, quando incontra rappresentanti politici italiani. Ma «pur ragionando in linea ipotetica», Monti ritiene «alquanto bizzarro, oggetto di confusione per il Paese e gli osservatori internazionali, oltre che per me stesso, che io possa mettermi alla testa di una coalizione in cui ci sia chi mi ha tolto la fiducia e mi ha offeso personalmente, nonché chi ha fatto opposizione al mio governo, definendomi un uomo alla mercé di interessi oscuri». Comunque, «i miei intendimenti li esporrò quando riterrò opportuno, guardando agli interessi generali del Paese e non sulla base di calcoli elettorali. Lo farò a Camere sciolte, il momento più corretto dal punto di vista istituzionale», avrebbe detto secondo le stesse fonti europee.Già in mattinata il presidente del Consiglio si era difeso dalle accuse del Pdl, rimandando la palla nel campo ormai avverso. «Alcune riforme sono state fatte dal precedente governo, lasciando moltissimo da fare. E questo moltissimo si è imbattuto... In quest’ultimo anno prima delle elezioni», ha detto il presidente del Consiglio parlando all’assemblea dell’Associazione nazionale fra industrie automobilistiche.Prendersela con chi ha governato prima è un classico cavallo di battaglia di chi sta nell’agone politico. Ma il premier in carica - che molti invitano proprio a entrare nella competizione per succedere a se stesso, dopo le annunciate dimissioni - sta ben attento a non sbilanciarsi. Prova ne è una battuta che si lascia scappare, autocorreggendosi - e volutamente suscitando un’aperta risata - non appena accenna al «filo rosso» che lega l’azione di riforme del governo. Subito si ferma e parla di «filo incolore».Ma sulle riforme, su quelle proprio non si scherza. «Paradossalmente interrompere una riforma prima che possa aver dato i propri frutti è perfino peggio che non farla». L’attività riformatrice ha «bisogno di tempo, mentre i costi sono immediatamente percepiti», aggiunge. L’invito, dunque, è alla prudenza. E il presidente Monti lo rivolge a chi «fa notare che gli effetti di questa azione di riforma stentano a vedersi. Anzi che la situazione è peggiorata negli ultimi mesi e quindi che le riforme non hanno funzionato». Perciò, ha concluso Monti, «chiunque si accinga a governare l’Italia dovrebbe fare un’analisi molto attenta della parte in cui si trovano certe riforme strutturali che sono state avviate e non concluse o un po’ depauperate in sede di vaglio da parte delle parti sociali e del Parlamento».Nell’occasione il premier ha anche insistito sull’importanza che ha la credibilità internazionale del nostro Paese. «Noi tutti siamo corresponsabili della qualità e delle quotazioni dell’aggettivo "italiano"». E a ognuno «spetta lo spostamento, anche impercettibile, della connotazione di questo aggettivo». Aggettivo, che - e qui Monti si lascia andare a un amarcord dei tempi da commissario europeo - aveva usato in modo sprezzante l’allora presidente della Commissione europea Jacques Santer. «Molto bene quel Professor Monti che mi ha mandato. Non sembra neanche un italiano», disse nell’ottobre 1994 parlando al telefono con l’allora presidente del Consiglio Silvio Berlusconi. Al quale oggi - nel momento in cui è il Cavaliere a essere nel mirino della politica e della stampa europea - sono rivolte le parole di Monti, più che deluso dall’essere stato in pratica sfiduciato dal suo mentore di vent’anni fa: «Ricordo con assoluta condivisione, l’indignazione che mostrò Berlusconi nel sentire pronunciare quelle parole da un’autorità straniera, anche se a fin di bene».
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