lunedì 21 ottobre 2013
L'ex premier furioso attacca l'Esecutivo e lancia stoccate al leader Udc. Sul ministro della Difesa: «Mi pregò di prenderlo con me». «In economia a volte si scrive Letta ma si legge Brunetta. Vorrei un governo del fare, non del disfare»
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Mario Monti se la prende con il governo che è "succube del Pdl" e continua ad attaccare a testa bassa Pier Ferdinando Casini e Mario Mauro. Accusa i suoi ex alleati di portare avanti la politica del Gps per trovare nuovi spazi elettorali e dà ragione a chi non ha votato Scelta Civica perchè lì era candidato il leader dell'Udc. Quindi avverte: "il mio impegno politico non finisce di certo". E i due, piccati, rispondono. Il ministro della Difesa, sostenendo che l'ex premier è ormai "lontano dalla realtà" e Casini ricordandogli che lui "con quel Gps c'è andato a Palazzo Chigi e c'è rimasto un anno". Ma dopo gli "schiaffoni" mediatici, martedì, alla direzione del partito e, mercoledì, alla riunione dei parlamentari, si potrebbe arrivare allo scontro vero, cioè alla separazione "fisica" tra Montiani e filo-governativi. Monti tenterà di spingere l'acceleratore per costringere gli avversari interni a uscire, mentre gli altri sembrano intenzionati a tirare il freno a mano per evitare che ci siano strappi prima che Berlusconi sia uscito di scena. Partecipando alla trasmissione "In Mezz'Ora" di Lucia Annunziata, Monti ribadisce le proprie critiche verso la linea di Mauro e Casini, condendole di ulteriori frecciate personali (''Mauro mi aveva pregato di prenderlo con me'', ''Avevano ragioni coloro che non hanno votato Scelta Civica perchè avevamo Casini''). Monti pur con accenti critici verso le recenti scelte del Governo (''si è inginocchiato ai diktat del Pdl sull'Imu; si scrive Letta ma si legge Brunetta'') contesta la tesi di Mauro e Casini che si presentano come difensori dell'esecutivo: ''Criticano Sc per un non sufficiente appoggio al governo e poi vanno verso coloro che lo minacciano davvero''. Le reazioni dei centristi non si fanno attendere. ''Monti è lontano dalla realtà", dice Mauro. "Ma se anche lui converge sull'ipotesi di creare il Ppe in Italia ben venga: stia tranquillo le pulsioni populistiche dei falchi del Pdl non ci interessano''. ''Non riconosco più il professor Monti'', commenta invece sconsolato Giampiero D'Alia. E questo sarà anche lo "schema" della Direzione di Scelta civica e della riunione dei parlamentari. Sì, perché Monti è in campo e le dimissioni non significano un suo passo indietro: ''Scelta Civica ha avuto 3 milioni di voti - ricorda l'ex premier - e io desidero dire loro che il mio impegno politico non finisce certo e che anche l'impegno di Sc non finisce. Mi sono dimesso perché non restasse nelle pieghe della polvere un'operazione non trasparente e molto discutibile". Se dunque Mauro e Casini cercheranno di rinviare il chiarimento, Monti, martedì e mercoledì, porrà un aut aut: chi non è d'accordo può uscire. Il che si tradurrebbe anche in gruppi separati alla Camera e al Senato: nella prima i montiani sarebbero 39 su 47, mentre a Palazzo Madama la conta tra i 20 senatori è ancora da fare. Tra l'altro Monti dice che alcuni degli 11 senatori firmatari del documento che ha provocato le sue dimissioni gli hanno assicurato che ''non vogliono andare con l'Udc'' (si fanno i nomi dei senatori Lucio Romano, Angela D'Onghia, Andrea Olivero e Maurizio Rossi). L'obiettivo della rottura è mettere in difficoltà Mauro e Casini anche alla luce delle parole di Alfano che oggi ha confermato di puntare a ''un grande centrodestra'' con Silvio Berlusconi.
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