martedì 11 dicembre 2012
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Altre 48 ore di tempo. Prima di parti­re per Bruxelles per l’ultimo e im­portantissimo Consiglio Ue del­l’anno, Mario Monti deciderà se scendere in campo per guidare - da candidato a Palaz­zo Chigi - una federazione dei moderati di­stinta e distante dalla destra e dalla sinistra radicali, dare un semplice avallo a tale schie­ramento o restare 'di riserva'. I primi a sa­perlo saranno i capi di governo europei, che ieri, ad Oslo, l’hanno letteralmente tirato per la giacca.
I dubbi che animano il professore sono veri. E il modo in cui parla a mar­gine della cerimonia per il Nobel all’Ue ne è la prova. L’uomo delle isti­tuzioni, la 'riserva della Repubblica', getta ac­qua sull’incendio dello spread dicendo che «la reazione dei mercati è comprensibile ma non bisogna drammatizza­re », che «i mercati non devono temere vuo­ti decisionali perché il governo resterà in ca­rica nel pieno delle sue funzioni sino alla fi­ne ». Non solo: si sbilancia, Monti, per assi­curare che i futuri governi saranno «respon­sabili », non verranno meno agli impegni co­munitari e anzi saranno «protagonisti» del­la nuova costruzione europea. L’altra faccia della medaglia ha il volto di un 'tecnico' che parla da gran politico: « Ora non considero la questione, sono concen­trato sul restante lavoro da fare». Sarà, ma quanto resta della sua conferenza stampa a Oslo ha il sapore della sfida elettorale: «In Europa dobbiamo stare molto, molto atten­ti a rigurgiti di populismo e nazionalismo», dice riprendendo un suo cavallo di batta­glia. Poi il cerchio si stringe sull’Italia: «In campagna elettorale nessuno pensi che i cit­tadini siano sciocchi e immaturi. Gli italia­ni, anche i ragazzi, hanno capito bene i no­stri problemi».
Ma la tentazione dell’impegno diretto tra­spare soprattutto quando Monti si difende dalle «mistificazioni» in tema di politica e­conomica. Un affondo diretto - è l’ammis­sione del suo staff - contro il Pdl: «È privo di fondamento, per chi capisce qualcosa di e­conomia, pensare che chi ha dovuto porre ri­paro alle inazioni e alle carenze precedenti po­tesse, con una terapia così intensa in modo da evitare una crisi gravis­sima per l’Italia e per l’Europa, arrivare subi­to a dei risultati di cre­scita ». E poi - a conferma che qualcosa si sta muo­vendo - c’è il caso dell’incrocio televisivo con Berlusconi fatto saltare in extremis dal Ca­valiere: l’ex premier avrebbe dovuto parlare su Canale 5 alle 8.40, Monti sarà su Rai 1 al­le 9, ufficialmente per presentare il suo pro­getto di promozione dell’Ue nelle scuole.
Se Berlusconi avesse portato un nuovo attacco, il professore - assicurano i suoi - avrebbe reagito in tempo reale, senza diplomazie. Il punto è che il premier sarebbe comunque pronto a dire «sì» a una candidatura indi­retta. Avrebbe già dato all’Udc e a Verso la terza Repubblica la licenza di 'usare' il suo nome e la sua agenda. «Fate pure. Se voglio­no, possono farlo pure Pd e Pdl...», ragiona il premier. E c’è chi pensa che un appoggio informale non pregiudicherebbe il profilo i­stituzionale di SuperMario. Ma è davvero co­sì? E poi fare le cose a metà non è nell’indo­le e nella storia del professore. Chi lo pressa (i 'popolari' del Pdl, i centri­sti, il nuovo movimento di Montezemolo, Riccardi e Olivero, diversi ministri, i mode­rati del Pd ansiosi di scalzare Vendola) sa in­fatti bene che senza di lui il progetto si ridi­mensionerebbe. Il premier lo capisce, ma chiede tempo adducendo un «motivo serio»: «Il Colle teme una campagna elettorale che sfoci nell’instabilità, potrebbe aver bisogno di me dopo il voto. Ma come può chiamar­mi se rinuncio alla mia terzietà?».
Ecco l’ultimo tormento del professore. Ep­pure ormai bisogna scegliere. Con le urne a­perte il 17 o il 24 febbario l’ipotesi è che le Camere siano sciolte il 26 dicembre. E il fat­to che tra un mese occorra già presentare le liste mette una fretta terribile. Se anche si volesse fissare l’annuncio ufficiale al giorno successivo all’approvazione del ddl-stabi­lità, oppure al 21 dicembre - giorno dell’in­contro di fine anno con la stampa - , c’è l’ur­genza di riferire la decisione all’Ue, alle o­recchie discrete dei mercati e ai colonnelli pronti ad organizzare la campagna eletto­rale. Entro 48 ore. Non un minuto di più, da­to il ritardo già accumulato.
Marco Iasevoli
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