lunedì 16 dicembre 2013
Il ministro degli Affari Ue alla vigilia del Consiglio europeo: «Sull’Unione bancaria niente rinvii. Bruxelles dice "no" alla flessibilità sul deficit? Ce la siamo meritata con i sacrifici».
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«Ha ragione Napolitano. L’Europa così non va. E non è certo con la retorica del "grande sogno dell’Europa che verrà" che si può rispondere alle attese urgenti dei cittadini. Così com’è, e come appare, l’Ue suscita perplessità e delusioni. È importante che momenti di grande visibilità politica, come i Consigli europei diventino il luogo di decisioni immediate e risolutive. A pochi mesi dalle elezioni per il Parlamento europeo, le persone parlano di Ue con la terza persona singolare. Abbiamo poco tempo per tornare a usare la prima plurale...». Anche un negoziatore dalla gran pazienza come Enzo Moavero Milanesi avverte l’urgenza del momento. Il ministro degli Affari europei sistema le carte in vista del vertice di Bruxelles del 19-20 dicembre, e il suo sguardo va alle ripercussioni che le decisioni dei 28 possono avere: «Vorrei esemplificare la sfida che abbiamo di fronte: dobbiamo fare di tutto perché i cittadini di Lampedusa vadano a votare, e con il voto dire che "sono l’Europa", così come "cercano Europa" i migranti che sbarcano sulle nostre coste».Ministro, che Consiglio Ue ci aspetta?Innanzitutto, dopo anni, si torna a parlare di difesa e sicurezza comune. Una discussione non priva di impatto concreto in termini di coordinamento degli investimenti e delle relative ricadute in ricerca e innovazione.Ci saranno passi nell’allentamento del rigore?Scadenze importanti stanno per arrivare. A gennaio 2014 parte la "Garanzia giovani" e saranno disponibili i nuovi fondi strutturali: per noi ci sono circa 30 miliardi in sette anni (più 30 di cofinanziamento nazionale) cui aggiungerne circa 10 (più 10) non spesi nel ciclo precedente. Stiamo fissando linee d’indirizzo forti: per l’Italia, ad esempio, la priorità è non disperdere i soldi in microprogetti e focalissarsi sulla green economy e sulle tematiche ambientali: in questo campo abbiamo 24 procedure d’infrazione, quasi un terzo del totale. Trasformiamo queste "bocciature" in opportunità, anche per le imprese.Si possono attendere altri sforzi dall’Ue per la crescita?A giugno 2012, con il Patto per la crescita, sono stati presi impegni per sviluppare un mercato unico digitale e per la mobilità del lavoro attraverso il riconoscimento dei titoli di studio e delle qualifiche professionali... Ora è il momento di tirare le somme.Il famoso patto che annunciava 130 miliardi di euro...Si, si decise allora - ed è stato fatto - di ricapitalizzare la Bei con 10 miliardi, con la previsione di un effetto-leva nel finanziamento alle imprese. Verificheremo con decisione se e come quei soldi stiano entrando nel tessuto produttivo.Unione bancaria: Italia, Francia e Spagna la spunteranno sulla Germania?Facciamo il punto: il primo asse dell’Unione bancaria c’è, ed è la vigilanza comune affidata alla Bce sulle banche maggiori. Il terzo asse c’è quasi, ed è la tutela dei depositi sino a 100mila euro. L’Ecofin si sta occupando del secondo asse, il meccanismo per la soluzione di crisi bancarie: in caso di problemi, non deve essere più solo lo Stato (e dunque i cittadini contribuenti) a farsene carico ma, nell’ordine, la banca stessa, gli azionisti, gli obbligazionisti, un Fondo di garanzia e, in eventuale ultima istanza, i correntisti oltre i 100mila euro.Cosa ci divide dalla Germania?Per la garanzia del sistema, noi siamo favorevoli a un Fondo unico europeo. La Germania è per una rete di fondi nazionali interbancari. Siamo convinti che ci voglia un segno di coesione europea. Per questo pensiamo anche che le decisioni-chiave non vadano prese a livello intergovernativo. Nel negoziato abbiamo le carte in regola: siamo tra i pochi con le banche sane.Dovremo digerire i "contratti per le riforme"?I "contratti", termine che tra l’altro vorrei cambiare con "partnership per la crescita e l’occupazione", non c’entrano con l’unione bancaria. Parliamo di una cosa che da un lato non è imminente, dall’altro ha una filosofia molto diversa da quella sinora percepita. In sostanza: su base volontaria uno Stato può prendere l’impegno di fare le riforme da lui individuate e poi riprese nelle Raccomandazioni europee (per l’Italia: pubblica amministrazione, giustizia civile, mercato del lavoro, meno fisco sui redditi...) ma solo in cambio di un chiaro e convincente incentivo, esplicitamente definito "di solidarietà".Che tipo di incentivi chiari?A dicembre 2012 il Rapporto dei 4 presidenti (Commissione, Consiglio, Bce ed Eurogruppo) parlò di prime forme di emissione di titoli di debito per l’Eurozona. Di certo a noi non interessa alimentare l’ennesimo Fondo europeo cui si contribuisce in base al Pil.Si tornerà a parlare di migrazioni?A giugno 2014 è stata calendarizzata la riforma dell’asilo e dell’accoglienza. Nel frattempo è stata istituita una task force, sono stati stanziati finanziamenti per Frontex e per i centri d’accoglienza: ne va verificato l’uso. Il punto ora è politico: deve essere un tema alla costante attenzione dei vertici, non daremo modo ai 28 di parlarne solo quando accadono le tragedie.Otterremo la flessibilità sul deficit per gli investimenti pubblici nonostante le "minacce" della Commissione?Questa possibilità di investire in infrastrutture senza sforare il limite del 3 per cento l’abbiamo negoziata e ottenuta. E ce la siamo meritata con i sacrifici dei cittadini: solo 7 Paesi sui 18 dell’eurozona sono in linea con il deficit. Convinceremo Bruxelles con i fatti, riducendo il debito, ma anche con le ragioni politiche di un grande Paese che non ha bisogno solo di controllare i conti, cosa che tra l’altro sta facendo, ma di crescere anche con gli investimenti pubblici.
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