martedì 5 marzo 2013
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Di governi senza maggioranza precostituita è costellata la storia repubblicana: governi "di tregua", "di scopo", finanche "balneari". Stavolta potrebbe trattarsi (sempre tra virgolette e con la consapevolezza di ricorrere a termini estranei all’ortodossia costituzionale) di un "governo del presidente", inteso come il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano che, nelle ultime settimane del suo settennato, si trova a sbrogliare una matassa apparentemente inestricabile. Forse era inevitabile, dopo lo sgretolamento del bipolarismo furioso e in parte forzato della cosiddetta seconda Repubblica. Ma uno che di Costituzione se ne intende, il presidente emerito della Consulta Cesare Mirabelli, suggerisce di guardare la situazione con calma e razionalità: «Il quadro istituzionale è chiarissimo – assicura –. Il nodo è tutto politico, ma il presidente Napolitano ha le spalle larghe e l’esperienza sufficiente, sono sicuro che saprà trovare una soluzione».Ieri ha ricevuto il presidente del Consiglio dimissionario Mario Monti, da qualcuno indicato come possibile traghettatore verso una nuova tornata elettorale. E c’è chi adopera con una certa disinvoltura il termine "prorogatio" dell’attuale esecutivo... Vogliamo spiegare di che si tratta?La prorogatio è la permanenza in carica del governo uscente per il disbrigo degli affari correnti, cioè esattamente la situazione in cui ci troviamo ora. E così sarà fino alla nomina di un nuovo governo, che dovrà presentarsi alle Camere per ottenere la fiducia. Se non la otterrà, sarà a sua volta dimissionario, ma non può "rivivere" il governo precedente.Poniamo che il Parlamento appena eletto sia in grado di esprimere una maggioranza, verosimilmente Pd-Pdl-Lista Monti, per una prosecuzione dell’esperienza dell’attuale esecutivo. Che cosa accadrebbe?Se fosse così, il capo dello Stato può seguire due strade: la prima è il reincarico a Mario Monti, che dovrebbe formare un nuovo governo e presentarsi alle Camere per la fiducia; la seconda, ipotesi più remota e non priva di qualche singolarità, è l’invito all’attuale governo a presentarsi alle Camere per chiedere la fiducia. In ogni caso, il passaggio parlamentare non può essere evitato. Il governo dimissionario può restare "appeso" solo fino a che non ce n’è un altro, proprio perché il Paese non può essere privo di una guida in grado di provvedere all’ordinaria amministrazione. Ma nel frattempo deve esserci un’attività istituzionale diretta alla formazione del nuovo governo.E qui subentra un’ulteriore complicazione: il presidente Napolitano è in pieno "semestre bianco", cioè negli ultimi sei mesi del suo mandato. Se non ci fosse alcuna maggioranza possibile, non potrebbe sciogliere anticipatamente le Camere e indire nuove elezioni.Certo, questa ipotesi non è percorribile.Sarebbe la paralisi istituzionale?Parlerei piuttosto di una situazione di difficile soluzione. Però non mancano i precedenti. Più volte, in passato, quando il capo dello Stato non è riuscito a riscontrare una maggioranza possibile nel suo primo giro di consultazioni, ha esplorato altre vie. Per esempio, ha dato incarico al presidente del Senato di sondare ogni possibilità. Voglio dire che Napolitano non potrà astenersi dal nominare un presidente del Consiglio che, attendibilmente, riceva la fiducia del Parlamento. In via eccezionale, può anche essere nominato un governo che si presume non riceverebbe la fiducia, ma al quale siano affidati pochi e delimitati compiti. Anche soltanto il compito di condurre il Paese a nuove elezioni. Ricordo il caso di Amintore Fanfani, in proposito. Ma è un’ipotesi-limite.Anche perché significherebbe tornare a votare con questa legge elettorale, di cui tutti dicono male, ma che i partiti non sono riusciti, o non hanno voluto, cambiare.Già. Invece credo che tra i compiti che si debba dare questo Parlamento ci sia quello di cambiare una legge che prevede un premio di maggioranza vistosissimo, sul quale la Corte costituzionale ha espresso più di qualche dubbio, ma che non ha assicurato l’obiettivo per cui era congegnata, cioè l’immediata governabilità. Addirittura l’intenzione era quella di indicare il nome del designato presidente del Consiglio, in modo che la sera stessa delle elezioni si sapesse qual era la maggioranza: il fallimento mi pare evidente. Lo stesso presidente della Repubblica ha sollecitato più e più volte le forze politiche a modificare la legge elettorale. Tuttavia, per la presunta convenienza elettorale di ciascuno, non è stato così... E se ha dato questi risultati oggi, come potrebbe darne di diversi nel "girone di ritorno"?Ma può bastare la missione anti-Porcellum per formare una coalizione?La responsabilità verso il Paese riguarda tutte le forze politiche. Non sto parlando di alleanze, ma della necessità di individuare soluzioni condivise. In particolare per un aspetto essenziale per il funzionamento delle istituzioni come, appunto, la legge elettorale. Ma anche per la crisi economica, che nel frattempo non sparisce.A proposito di istituzioni. Grillo si è detto contrario all’assenza di vincolo di mandato per i parlamentari, prevista dall’articolo 67 della Costituzione.La Costituzione prescrive anche la democraticità interna dei partiti. Comunque, l’articolo 67 non induce al trasformismo ma garantisce la responsabilità di ciascuno nelle scelte prese per il Paese e la libertà di dissentire dal gruppo di appartenenza, come è accaduto sui temi di carattere etico o particolarmente sensibili sul piano politico, come fu per l’adesione dell’Italia al Patto Atlantico o per la nazionalizzazione dell’energia elettrica.
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