venerdì 16 settembre 2022
Il 1° ottobre a San Severino i funerali di Alika, l’ambulante nigeriano aggredito a Civitanova Marche il 29 luglio scorso. La vedova ancora sconvolta dal dolore: «È una ferita che non guarirà mai»
Charity Oriakhi, 39 anni

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E' ancora sconvolta dal dolore Charity Oriakhi, vedova di Alika Ogorchukwu, l’ambulante nigeriano di 39 anni ucciso per strada tra l’indifferenza dei passanti, nel centro di Civitanova Marche, in provincia di Macerata, il 29 luglio scorso. Ad aggredirlo a mani nude per poi picchiarlo, schiacciarlo a terra e soffocarlo in soli quattro minuti è stato Filippo Ferlazzo, operaio 32enne originario di Salerno. Un delitto per futili motivi: l’africano avrebbe chiesto con insistenza l’elemosina alla fidanzata dell’uomo scatenando la brutale e insensata reazione.

Le esequie di Alika, secondo il rito della Chiesa evangelica, sono state fissate per il 1° ottobre alle 14, la stessa ora in cui è avvenuto il delitto, nel chiostro della chiesa di San Domenico, a San Severino Marche, la cittadina dell’entroterra Maceratese dove il commerciante, arrivato in Italia nel 2012 su un barcone attraverso il Mediterraneo, ha abitato per quasi cinque anni con la moglie e il figlioletto e dove lui sarà sepolto per volontà dei suoi cari. La data dei funerali è stata resa nota dal legale della famiglia della vittima, Francesco Mantella: «Ora che tutte le pratiche burocratiche sono state espletate attendiamo l’arrivo dei fratelli di Alika dalla Nigeria: saranno qui il 24 settembre per partecipare alla cerimonia». La salma partirà dall’obitorio dell’ospedale di Civitanova alla volta di San Severino. Intanto lunedì la procura di Macerata affiderà allo psichiatra Gianni Giuli l’incarico di consulente tecnico d’ufficio: dovrà stabilire se Ferlazzo al momento dei fatti era in grado di intendere e di volere, se è pericoloso socialmente e se può stare a processo. Un perito sarà nominato, per le stesse ragioni, anche dalla parte civile. Attualmente l’imputato, reo-confesso, è recluso nel carcere di Montacuto, vicino ad Ancona con le pesanti accuse di omicidio volontario aggravato e rapina (avrebbe sottratto alla vittima il cellulare).

È affranta e disorientata, Charity, e da quando è avvenuta la tragedia, più di un mese e mezzo fa, non ha avuto la forza «e lo stato d’animo» di riprendere a lavorare nella cooperativa di pulizie dove è impiegata. «Ricomincerò dopo i funerali, adesso il pensiero che il mio Alika non c’è più e le preoccupazioni per mio figlio Emmanuel, che lunedì è tornato a scuola, sono ancora forti – spiega la donna –, non riesco a stare più nella casa di via San Michele, mi ricorda troppo mio marito, e spero che presto io e mio figlio ci trasferiremo in un’abitazione nel centro storico».Signora Charity, a pochi giorni dal delitto lei aveva gridato: «Italia, non lasciarmi sola!». E oggi come si sente? La solidarietà c’è. Intanto i Comuni di San Severino e Civitanova e la Caritas hanno raccolto i soldi necessari per le spese dei servizi funebri e per far venire i nostri parenti dalla Nigeria per il funerale. E comunque mi sono sentita accolta dalla gente del posto, sono trattata bene e con rispetto. Non ho trovato la stessa indifferenza che c’è stata quando è stato ammazzato il mio Alika.

E il lavoro? C’era stato un impegno delle autorità locali a offrirle un’occupazione stabile e più adeguata alla sua situazione...
Per il momento non ci sono novità. A me piace fare le pulizie, però vorrei trovare un posto che mi consenta di portare a scuola mio figlio Emmanuel tutte le mattine alle 7.30 e riprenderlo alle 13.30 quando esce. E adesso che Alika non c’è più ho bisogno di tirare avanti. Vorremmo continuare a vivere con dignità.

Suo figlio ha otto anni. Come sta?
Anche lui è scioccato per quanto accaduto, ma in classe, alle elementari di rione Contro, è stato accolto bene, insegnante e compagni lo coccolano. Verrà a dare l’ultimo bacio al papà. Per fortuna sono aiutata da mio fratello William e da mia cognata e c’è anche una mia amica nigeriana che mi dà una mano a non far mancare nulla a Emmanuel. Ma... questo è un dolore che non finisce, mi creda, una ferita che non guarirà mai.

Cosa si aspetta ora nella sua vita personale e per il futuro di Emmanuel?
Innanzitutto chiedo giustizia. Qualcuno ha ucciso Alika e mi fa male sapere che potrebbe tornare libero, andare in giro come se niente fosse. No, questo proprio non lo potrei accettare.

E per suo figlio cosa vorrebbe?
Farò tutto il possibile per farlo stare bene, come faceva il papà. La comunità locale sta raccogliendo fondi per farlo studiare. A Emmanuel però piace il calcio e vorrebbe diventare un giocatore e chissà... magari come Jack Bonaventura, il centrocampista della Fiorentina, che è nato a San Severino e ha tirato i suoi primi calci al pallone allo stadio di viale Mazzini, proprio qui vicino.


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