martedì 1 ottobre 2013
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​Le associazioni che lo propongono si sono moltiplicate, le persone che lo sottoscrivono sono diminuite drasticamente. Del 65% in sei anni. Se si andrà avanti così, il sostegno a distanza rischia di sparire nel giro di tre anni. A lanciare l'allarme è l'Ai.Bi., l'associazione Amici dei Bambini, anticipando i risultati di una ricerca Eurisko che sarà presentata il 2 ottobre al Senato.Il fenomeno del sostegno a distanza come forma di solidarietà internazionale - un versamento mensile per farsi carico di un bambino in un paese in via di sviluppo - era esploso una decina di anni fa, quando era arrivato a conquistare la prima serata televisiva in una trasmissione di Raffaella Carrà (Amore nel 2006). Nel 2007 in Italia i sottoscrittori erano 4 milioni e 300 mila. Nell'ultimo anno sono scesi a un milione e mezzo. Due su tre hanno lasciato. Tutta colpa della crisi economica? Oppure si è incrinato il rapporto di fiducia tra i donatori e le organizzazioni che si fanno tramite di questa forma di aiuto? «Nonostante l'ennesima grave crisi politica che stiamo attraversando, l'emergenza abbandono e i milioni di bambini che vivono fuori famiglia non possono aspettare» invoca il presidente dell'Ai.Bi., Marco Griffini. Ma fa anche autocritica: «Se entra in crisi il sostegno a distanza è perché gli italiani non hanno più fiducia. Occorre dare garanzie e trasparenza».La galassia degli enti benefici è complessa e in costante espansione. I costi di gestione della macchina non sempre sono “ridotti all'osso”. E invece le famiglie italiane, sempre più spesso, devono fare i conti con gli effetti della crisi economica, la perdita del lavoro, l'aumento dei prezzi. E tagliano le spese.Intanto i bambini ci guardano. I nostri figli e i figli degli altri continenti. E ci chiedono conto del loro futuro.
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