martedì 17 marzo 2015
Delrio: dimissioni? Deve decidere il ministro. Contatti con Renzi. Il Pd gli chiede di fare chiarezza in Parlamento, da M5s e Sel mozione di sfiducia. (Vincenzo R. Spagnolo
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È un’altra giornata sulla graticola, quella vissuta dal ministro delle Infrastrutture Maurizio Lupi, da ieri bersaglio di strali politici dopo la diffusione degli atti giudiziari dell’inchiesta “Sistema” su tangenti e grandi opere, chiusa dalla procura di Firenze con 50 indagati e 4 arresti, fra cui l’ex super manager pubblico Ercole Incalza, legato a Lupi da lunga conoscenza e collaborazione. Il ministro non è indagato, ma la menzione negli atti di alcune conversazioni con Incalza e di presunti favori degli indagati, di cui avrebbe beneficiato suo figlio, lo hanno fatto finire nella bufera. Per ora, non pensa a lasciare l’incarico: “Le dimissioni no. Anche se, per la prima volta, vedendo tirato in ballo ingiustamente mio figlio, mi sono chiesto se il gioco valga la candela - dice in una intervista Lupi -. Provo soprattutto l'amarezza di un padre nel vedere il proprio figlio sbattuto in prima pagina come un mostro senza alcuna colpa". Da Palazzo Chigi, intanto, confermano come il premier Matteo Renzi e il ministro si siano sentiti telefonicamente più volte, nel corso della giornata. Rispetto all’eventualità di dimissioni, il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio Graziano Delrio resta prudente: "Credo che una valutazione da parte sua sia in corso, ma deve decidere lui. Sta riflettendo – afferma –. Dobbiamo stare ai fatti. Non si può prendere una decisione di questo tipo senza avere contezza delle carte. Certo, il singolo può scegliere di avere una linea differente, ma non ho gli elementi per dire se Lupi debba dimettersi". Il Nuovo Centrodestra fa quadrato attorno a lui, ma il principale partner di governo, il Pd con Orfini parla di "elementi inquietanti" e gli chiede con forza di fare chiarezza in Parlamento. Ancor più agguerrite le opposizioni: oggi i gruppi di M5s e Sel della Camera hanno depositato una mozione congiunta di sfiducia individuale nei riguardi di Lupi. Il testo, nella premessa, fa riferimento ad alcuni stralci delle telefonate del ministro, intercettate dai Carabinieri del Ros, i cui "toni e contenuti - scrivono i due partiti - non possono che suscitare allarme e sgomento, oltre che destare preoccupazione per il rigore morale dei soggetti coinvolti". Per Sel e M5S, "la vicinanza, nonché dipendenza del Ministro delle infrastrutture dall'ingegner Incalza" è fonte di imbarazzo istituzionale e "a prescindere da eventuali responsabilità penali che, ove rilevate, saranno perseguite nelle sedi opportune, i fatti indicati minano in maniera evidente la credibilità del ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti, pongono un grave pregiudizio sulle sue capacità di svolgere liberamente le funzioni a cui è chiamato nonché sull'opportunità della sua permanenza a ricoprire una carica di primo piano e di piena rappresentanza politica, in particolare in un ruolo così rilevante, delicato ed esposto a fenomeni corruttivi". Anche la Lega fa pressing su Lupi: durante la conferenza dei capi gruppo, il presidente dei senatori del Carroccio Gian Marco Centinaio ha chiesto che Lupi vada a Palazzo Madama a riferire "dello scandalo che sta succedendo nel suo ministero”, convincendo i colleghi degli altri partiti, al punto che la richiesta è stata accolta all’unanimità. Ma il ministro (che stamani era atteso nell'aula della commissione Trasporti alla Camera per la presentazione della Relazione sulla sicurezza ferroviaria nel 2014, ma non si è presentato) avrebbe confermato la sua presenza domani a Milano per un evento alla Fiera di Rho. E potrebbe intervenire in Parlamento già domani pomeriggio. Alle 15 infatti è previsto un question time (che potrebbe essere trasmesso in diretta tv) nell'Aula di Montecitorio, nel quale Lupi dovrebbe rispondere a un’interrogazione del deputato di Scelta civica Mario Catania sul Passante Nord di Bologna. Ma nella bufera politica non c’è solo Lupi. La Lega Nord (seppur per altre vicende, legate alla gestione dei flussi migratori e del Cara per immigrati di Mineo, in Sicilia) mette nel mirino un altro ministro del governo Renzi, il titolare dell’Interno e leader di Ncd Angelino Alfano (evocato peraltro, ma solo de relato, in un passaggio degli atti dell’inchiesta di Firenze, dove si riferisce il caso di un imprenditore "sottoposto a misura di prevenzione dal Prefetto di Udine" che si rivolge all’indagato Franco Cavallo, chiedendogli di sollecitare un "urgente intervento del ministro degli Interni"). Per il capogruppo leghista alla Camera, Massimiliano Fedriga, "ci sono responsabilità politiche del governo. Non facciamo favori a Renzi e ad Alfano, andando a colpire solo Lupi. Prima vogliamo ascoltare il ministro e poi decideremo. Intanto presenteremo una mozione di sfiducia nei confronti di Angelino Alfano".
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