sabato 22 aprile 2017
La Casa pediatrica del Fatebenefratelli ospita vittime di bullismo sulla rete. Il direttore: entro il 2018 strutture analoghe anche nelle altre regioni
Laura Boldrini al Centro sul disagio adolescenziale del Fatebenefratelli-Sacco (Fotogramma)

Laura Boldrini al Centro sul disagio adolescenziale del Fatebenefratelli-Sacco (Fotogramma)

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Casa pediatrica dell’ospedale Fatebenefratelli, Milano. Una struttura all’avanguardia unica in Italia, che oggi accoglie 23 giovani vittime del bullismo e riceve migliaia di chiamate ogni anno; un centro che funziona, e proprio per questo l’obiettivo è di estendere questo modello in tutte le altre Regioni. «Il bullismo è un fenomeno che coinvolge tutta Italia, senza distinzioni tra Nord e Sud, tra grandi città o centri di provincia. Quello che manca è una rete di cura omogenea», spiega il direttore del centro, Luca Bernardo.


Questo sabato la presidente della Camera, Laura Boldrini, vi si è recata in visita, accompagnata da Paolo Picchio, padre di Carolina, la 14enne di Novara che si tolse la vita nel 2013 perché vittima di cyberbullismo, ovvero di persecuzioni attraverso il web (primo caso in Italia approdato in tribunale). Dopo la visita del ministro dell’Istruzione Valeria Fedeli, e a una settimana di distanza dalla firma del protocollo d’intesa tra Polizia postale e Casa pediatrica, anche la terza carica dello Stato ha deciso di recarsi qui, dove è stata accompagnata dal prefetto di Milano, Luciana Lamorgese, dalla senatrice Elena Ferrara - prima firmataria del disegno di legge sul cyberbullismo, nonché all’epoca insegnante di musica di Carolina - dal direttore generale dell’Asst Fatebenefratelli-Sacco, Alessandro Visconti e dal responsabile Luca Bernardo.


Proprio di cyberbullismo ha parlato Boldrini, citando un disegno di legge ancora lungi dall’essere approvato, «perché c’è chi alla Camera ha voluto ampliare la platea al bullismo e non solo ai minorenni». L’auspicio, ha proseguito, «è che questa legislatura non termini prima che questo provvedimento sia stato approvato; sarebbe una sconfitta della politica. Nel 2013 a Montecitorio organizzammo un incontro sul cyberbullismo e venne, pochi giorni dopo la sciagura, la mamma di Carolina. Noi ci impegnammo a fare una legge e non possiamo tradire l’aspettativa su questo tema. Dunque esorto il Parlamento a trovare un accordo e portarlo in aula».


Il disegno di legge, presentato la prima volta nel 2015, ha subìto in questi ultimi anni una serie continua di modifiche, dove le misure previste per i minori sono state estese anche agli adulti. L’impianto iniziale è stato così cambiato (con tanto di polemiche per l’obbligo di rimozione dei contenuti ritenuti offensivi, che trasformava la legge contro il cyberbullismo nella "norma ammazza web"). A gennaio il testo è tornato al Senato in terza lettura, dove è stato ulteriormente modificato, recuperandone lo spirito originario. Da allora, però, il provvedimento è fermo alla Camera, in attesa che venga calendarizzato per la discussione e l’approvazione definitiva. Un mese fa, proprio il papà di Carolina Picchio ha scritto una lettera-appello, sollecitando una svolta: «Questa legge serve subito, per tutte le Caroline».

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