giovedì 22 marzo 2018
L'ong spagnola che ha salvato 218 naufraghi a 73 miglia dalla Libia respinge le accuse della procura di Catania. «Inviati dalla Guardia costiera italana, minacciati di morte dai libici armati»
La nave Open Arms sequestrata nel porto di Pozzallo

La nave Open Arms sequestrata nel porto di Pozzallo

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«E' la prima volta che la Guardia costiera da Roma ci dice che deve essere la Guardia costiera libica a prendere il coordinamento delle operazioni di soccorso. Strano, oltre che illegittimo. Ed è la prima volta che al nostro sbarco veniamo indagati. È cambiato lo scenario». È amareggiato Riccardo Gatti, coordinatore italiano di Proactiva Open Arms. La ong spagnola racconta l’operazione che ha salvato 218 migranti, tra cui donne e bambini piccoli, a 73 miglia dalla costa. Le richieste dei libici di consegnare i naufraghi, sotto minaccia di morte. E alla fine il contrordine: «Imbarcateli e andatevene a Nord». E dopo lo sbarco a Pozzallo, l’accusa di associazione a delinquere per favoreggiamento dell’immigrazione clandestina e il sequestro della nave.

Ad ospitare in Senato l’ong è l’ex senatore dem Luigi Manconi, ora coordinatore dell’Unar. «Il codice del ministero dell’Interno sottoscritto da alcune ong, tra cui Proactiva Open Arms, non ha forza di legge – precisa – cioè non è stato prodotto dal Parlamento. È un accordo pattizio tra il ministero e un privato. Se mai fosse stato violato, non si tratterebbe di reato, ma di un’infrazione. Ma non c’è stata alcuna violazione». Oscar Camps, fondatore della Ong, ricorda che «siamo registrati in Spagna come Ong di salvataggio, con equipaggi di professionisti volontari. Da luglio 2016 collaboriamo con la Guardia costiera italiana: con la nave Astral abbiamo salvato 14mila persone, con la Golfo Azzurro 6.600, con Open Arms altri 5100, in 43 missioni da 15 giorni. Mai nessun incidente con la Guardia costiera italiana, mentre ne abbiamo avuti con quelli che in Italia viene chiamata guardia costiera libica: minacce, spari in aria, un sequestro di due ore».

Riccardo Gatti, coordinatore italiano della Ong, racconta l’ultimo soccorso: «Abbiamo ricevuto la chiamata, come nel 95% dei casi, dalla Guardia costiera italiana». Il primo gommone è in mare aperto, a 73 miglia dalla costa libica. Ben oltre le 12 delle acque territoriali. «E da Roma ci hanno detto che la guardia libica avrebbe preso il coordinamento delle operazione». L’avvocato Alessandro Gamberini, legale della Ong, fa notare che la Libia non ha titolo, giuridicamente, per coordinare i soccorsi: «Non esiste in Libia un’area Sar (search and rescue, cioè ricerca e soccorso, ndr). Fecero richiesta a luglio 2017, a dicembre la ritirarono. Non dispongono di un Centro nazionale di coordinamento del soccorso in mare, come c’è a Roma, quindi è illegittimo affidare il coordinamento ai libici».

Dopo aver salvato dal primo gommone alla deriva 117 migranti, Open Arms punta al secondo, ma quando arriva è vuoto e i profughi sono già stati ripresi da una nave libica. Sul terzo invece ci sono 101 persone. Tra i 218 anche 19 donne e 7 bambini. «Dalla motovedetta libica ci chiedono di consegnargli le persone, minacciandoci di morte con le armi. Ma non potevamo renderci partecipi di respingimenti, vietati dalle convenzioni internazionali. Non potevamo consegnare persone contro la loro volontà, sotto minaccia. E le norme internazionali indicano che la priorità è proteggere le vite umane». Minuti di tensione, documentati dai video, poi il repentino cambio, forse perché la motovedetta non può caricare i naufraghi: «Tornate a Nord».


Non è finita. Da Roma dicono di chiedere al governo spagnolo di fare richiesta all’Italia di un porto sicuro. Ordine eseguito. L’Italia autorizza lo sbarco a Pozzallo dei 216 profughi, dopo una tappa a Malta per sbarcare solo una donna con il figlio di tre mesi disidratato, che necessitavano di urgenti cure: La Valletta come da prassi respinge ogni richiesta. E dopo gli interrogatori, gli avvisi di garanzia e il sequestro. Procedura illegittima, sostiene l’avvocato Gamberini: «Colpisce la pretesa della procura di Catania di fare un provvedimento d’urgenza, che di solito va richiesta al giudice, per il sequestro della nave. Questo deriva dall’aver previsto non solo il favoreggiamento dell’immigrazione clandestina, per il quale sarebbe competente la procura di Ragusa nel cui territorio ricade Pozzallo, ma l’associazione per delinquere, una forzatura intollerabile per una Ong che agisce alla luce del sole». L’associazione a delinquere ha attivato la Direzione distrettuale antimafia, che ha una competenza territoriale anche su Ragusa, rendendo possibile il sequestro immediato. Il Gip ha 10 giorni per convalidare il sequestro, e la Ong ricorrerà.

Il deputato di +Europa Riccardo Magi annuncia un’interrogazione, probabilmente la prima a questo Parlamento, ai ministri di Interno ed Esteri. «Come è possibile aver messo sotto inchiesta una nave che ha salvato tante vite?», chiede il comboniano Alex Zanotelli: «Il primo eritreo sceso dalla nave pesava 35 chili, ho pensato ad Auschwitz. È inaccettabile: sono convinto che come noi parliamo dei nazisti, così domani diranno di noi».

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