venerdì 20 novembre 2020
Da inizio anno sono ben 17mila i profughi giunti nell’arcipelago. E intanto in Spagna la Corte costituzionale conferma i respingimenti alle frontiere di Ceuta e Melilla
Migranti invitati a salire sull’autobus a Gran Canaria

Migranti invitati a salire sull’autobus a Gran Canaria - Epa

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«Preferisco tornare in Marocco che restare in queste condizioni. Da 11 giorni senza doccia, solo un po’ d’acqua per lavarsi il viso, costretti a dormire a terra su una coperta e con un panino a colazione, pranzo e cena». Ahmed, 25 anni, di origini maghrebine, è una delle oltre 2mila persone ammassate nel porto di Arguineguín, al sudest di Gran Canaria. Due file di transenne gialle marcano la nuova frontiera d’Europa, che rischia di diventare la nuova Lesbo, un nuovo buco nero dei diritti umani. Qui è sbarcata la gran parte dei 17mila migranti giunti nell’arcipelago da inizio anno, più di quanti ne siano giunti nel resto di Spagna. Dopo il triageper il Covid-19, recuperano forze dormendo sotto i tendoni, assistiti dal personale della Cruz Roja sopraffatto dall’emergenza nell’accampamento della vergogna.

Dovrebbero restare al massimo 72 ore, ma la gran parte bivacca qui da settimane. «Dormono a terra e senza spazio per la distanza di sicurezza minima che esige la prevenzione del coronavirus. Non hanno assistenza legale, né informazioni chiare sulla propria situazione, né possono chiedere asilo» denuncia Virginia Alvarez, di Amnesty International. La lista delle violazioni dei diritti è lunga, proviene da Ong come la Comisión Española de Ayuda al Refugiado e Human Rights Watch.

Il Difensore del Popolo, Francisco Fernández Marugá, si è presentato lunedì per un sopralluogo a sorpresa, per verificare denunce di separazione delle madri dai bambini. In parallelo Acnur e l’Organizzazione internazionale per le migrazioni hanno cominciato una visita di tre giorni. Per alleggerire la polveriera del molo, l’esercito ha montato una tendopoli a Las Palmas e in 4mila sono stati portati in hotel o residence. Il ministro degli Interni, Fernando Grande-Marlaska, ha assicurato che il governo ricollocherà «prossimamente» i migranti in cinque aree militari.

«Non convertiremo le Canarie nella Lesbo spagnola» ha assicurato. Ma la realtà è sotto gli occhi di tutti. «La capacità di accoglienza è al collasso, perché l’imbuto delle Canarie è senza sbocco e i migranti non sono trasferiti alla penisola» segnalano alla Cruz Roja, che reclama di agilizzare l’entrata dei rifugiati nel sistema di accoglienza. «Il ministero blocca i ricollocamenti, perché non vuole sia un incentivo per gli sbarchi» spiega Jeni Galban, portavoce della Rete Canaria per i diritti dei migranti. Per protesta, l’Ordine degli avvocati ha chiesto ai giuristi di non firmare gli ordini di espulsione, mentre le autorità politiche locali accusano l’esecutivo rosso-viola di Pedro Sánchez di averle abbandonate nella crisi umanitaria.

«Il piano choc statale insiste sulle deportazioni a Paesi come la Mauritania, dove da marzo sono state rimandate solo 22 persone» rileva Galban. La rotta atlantica ha cominciato a riattivarsi ad agosto 2019, quando si sono ridotte alla metà gli arrivi dallo Stretto di Gibilterra e nelle enclavi di Ceuta e Melilla, per i maggiori controlli dal lato marocchino. Ieri dalla Corte costituzionale spagnola è venuto il via libera alle devoluciones en caliente, le controverse deportazioni immediate alle frontiere delle enclavi, «in conformità alla recente dottrina della Corte europea per i diritti umani», che le aveva a sua volta avallate. Il lockdown per la pandemia, il terrore delle brutalità subite dai rifugiati in Libia, gli accordi frontalieri della Ue con Tunisi, che rendono sempre più difficile il passaggio per il Mediterraneo, hanno fatto il resto.

«Sono uomini, giovani madri, bambini anche soli, provenienti da Senegal, Mali, Marocco, Costa d’Avorio, Guinea e Gambia. Non resta loro che affrontare anche 1.700 chilometri di navigazione nell’Atlantico, in condizioni meteolorogiche e venti avversi, sperando di riuscire a sbarcare nell’arcipelago » segnalano all’associazione Circulo del silencio. L’Acnur stima almeno 600 vittime da gennaio. Per la Cruz Roja, «il potenziale di morti e scomparsi oscilla fra 640 e 1.200 persone». Di tanti, i familiari non sanno se siano mai riusciti a toccare terra o siano finiti in fondo all’oceano.

Da giorni Dieu non ha più notizie di sua figlia di 9 anni che, affidata a una vicina, dalla Costa d’Avorio ha percorso 3mila chilometri delle coste del Sahara Occidentale per raggiungere le Canarie. È dilaniato dai sensi di colpa per averla lasciata partire, perché non subisse l’infibulazione. La bambina è una delle centinaia di desaparecidos lungo la rotta più letale dopo quella di Libia, dove oltre 1.426 vite sono state ingoiate dal mare da gennaio.

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