martedì 7 maggio 2019
La maggior parte dei migranti che arrivano in Europa è «sostanzialmente in buona salute»: il rischio di trasmissione alla popolazione dei paesi di approdo è «molto basso»
Stranieri in un centro d’accoglienza, in attesa delle procedure sanitarie previste dal protocollo / Ansa

Stranieri in un centro d’accoglienza, in attesa delle procedure sanitarie previste dal protocollo / Ansa

COMMENTA E CONDIVIDI

La maggior parte dei migranti che arrivano in Europa è «sostanzialmente in buona salute». Le malattie più ricorrenti, stando alla documentazione medica disponibile, sono infettive, ma il rischio di trasmissione alla popolazione dei paesi di approdo è «molto basso».

Nella regione europea dell’Organizzazione mondiale della sanità vivono circa 90 milioni tra immigrati e rifugiati e le evidenze scientifiche dimostrano che si ammalano meno, fanno meno ricorso all'ospedale e hanno un tasso di mortalità inferiore alla media continentale. Il quadro emerge dal primo Rapporto sulla salute dei rifugiati e dei migranti in Europa, prodotto dall’Oms nell’ambito del programma “Migrazioni e salute”, realizzato in collaborazione con l’Inmp (Istituto nazionale per la promozione della salute delle popolazioni migranti e il contrasto della malattie della povertà), che ieri è stato illustrato a Roma alla presenza della ministra della Salute Giulia Grillo e del vice direttore regionale Oms Piroska Ostlin.

«L’esame di circa 13mila documenti sanitari dimostra che non c’è un aumento della trasmissione di malattie infettive », ha sottolineato la ministra, evidenziando come in Italia «anche i rifugiati vedono garantito il loro diritto alla salute. Non c’è salute pubblica senza salute dei migranti – ha poi aggiunto citando il sottotitolo del rapporto –. È necessario abbattere le barriere di accesso ai servizi sanitari con l’obiettivo di una sempre maggiore equità nella salute ed efficacia nelle politiche di sanità pubblica».

Se il problema, come detto, non è la trasmissione delle malattie da parte dei migranti, preoccupa invece la loro esposizione al contagio. Secondo il rapporto possono infatti essere più vulnerabili alle infezioni, e non solo per l’incidenza di una patologia nel Paese di provenienza, ma anche per la mancanza di accesso all'assistenza medica e per la discontinuità nelle cure. Italia a parte, dove secondo l’Oms «il servizio sanitario universalistico è in grado di fornire risposte efficaci », il diritto alla salute dei migranti è spesso limitato sulla base del loro status giuridico o dall'organizzazione e dal costo del sistema sanitario del Paese ospitante. Il paradosso riguarda invece le malattie non infettive: patologie non trasmissibili, problematiche di salute mentale, occupazionale e materno-infantile sembrano infatti acuirsi con il passare del tempo di permanenza nel Paese di destinazione.

Anche se l’Oms ammette che saranno necessari ulteriori approfondimenti su questo tema, vista l’attuale mancanza di documentazione. «A volte abbiamo pregiudizi o percezioni errate riguardo la salute dei migranti, ma ora possiamo contare su basi scientifiche concrete per contrastare questi falsi miti – ha commentato Ostlin –. Rifugiati e migranti godono di buona salute, sono però esposti al rischio di ammalarsi se vivono in condizioni di povertà, se vengono esclusi o se adottano stili di vita malsani». «Sono i fattori legati a una scarsa integrazione – ha puntato il dito il direttore sanitario dell’Inmp, Gianfranco Costanzo – a minare la salute dei migranti e a fare emergere un’immagine di un soggetto a rischio».

© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI

ARGOMENTI: