«ll pm ha evidenziato il grave allarme sociale in quanto, nonostante i gravi incidenti verificatisi presso la stazione della metropolitana Repubblica e Barberini, appare tuttavia evidente, dall'ascolto delle numerose conversazioni, che permane il preoccupante stato di pericolo per l'incolumità pubblica e nello specifico dei fruitori della metropolitana di Roma». È racchiuso in queste poche righe il grave allarme lanciato dal gip di Roma Massimo Di Lauro nell'ordinanza a carico di quattro persone - due dipendenti di Metro Roma e due di Atac - raggiunte oggi dalla misura interdittiva della sospensione dal lavoro per un anno in relazione all'indagine sugli incidenti dell'ottobre 2018 e del marzo 2019 nelle due stazioni della metro.
I reati contestati sono frode nelle pubbliche forniture e lesioni personali colpose aggravate. L'operazione nasce dall'incidente del 23 ottobre, quando alcuni tifosi del Cska Mosca furono coinvolti nel cedimento delle scale mobili alla stazione Repubblica. Il gip, nell'ordinanza, rileva la «mancata o incompleta manutenzione oltre che, in alcuni casi, la dolosa manomissione di dispositivi di sicurezza» e sottolinea che «permane un preoccupante stato di pericolo».
Le intercettazioni
«Se famo (facciamo, ndr) il calcolo delle probabilità, su settecento (scale mobili, ndr) ne sarebbero venute giù tre o quattro». È il passaggio di una intercettazione, citata nell'ordinanza del gip Massimo Di Lauro, in cui uno degli indagati, Renato D'Amico (direttore di esercizio Atac delle linee metro A e B) discutendo sulla problematica delle scale mobili con una dipendente, mentre era
in corso una perizia tecnica sui fatti della stazione Repubblica, commenta con cinismo «la gravità della situazione utilizzando come parametro di giudizio quello delle probabilità per valutare lo stato di pericolo in cui versano le condizioni di sicurezza degli impianti». In un'altra conversazione poi D'Amico sostiene che fu «una mossa esagerata che condiziona tutti» il sequestro della stazione Barberini disposto dalla magistratura il 23 marzo scorso, a cinque mesi dal collasso della scala mobile della stazione Repubblica, e aggiunge: «Pure noi non abbiamo controllato niente, sta c... di ditta, no? Dai... pure noi poi dovremo fare un'analisi interna»