mercoledì 9 dicembre 2020
I pentastellati annunciano un «punto di caduta» sulle modifiche al testo da votare oggi in Parlamento Lezzi: ratifica finale solo se avanza tutto il pacchetto. Di Maio: prevale la responsabilità
Luigi Di Maio e Vito Crimi. Il M5s cerca un punto di equilibrio sul Mes

Luigi Di Maio e Vito Crimi. Il M5s cerca un punto di equilibrio sul Mes - Ansa

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Alla fine, fra tensioni e mediazioni, l’intesa su una risoluzione di maggioranza sul nodo della riforma del Mes è arrivata. Quanto duratura, è difficile pronosticarlo, ma forse robusta a sufficienza da far superare al governo il temutissimo voto odierno delle Camere sul mandato al premier Giuseppe Conte in vista del Consiglio europeo di domani e venerdì.

La quadra, «soddisfacente per tutti i gruppi», è stata trovata nella riunione dei capigruppo della maggioranza, in presenza dei ministri per i Rapporti col Parlamento Federico D’Incà e per gli Affari europei Enzo Amendola. Un incontro con momenti di acceso confronto – riferiscono fonti di Italia Viva – tra M5s e Pd.

Il risultato è un documento in cui si dà il via libera al mandato a Conte in Ue, ma con alcune condizioni: il Parlamento impegna il governo – si legge in una bozza circolata ieri – «a ribadire che questa riforma non può considerarsi conclusiva, vista la logica di pacchetto già ribadita dal Parlamento, proprio alla luce delle ultime scelte realizzate in seno alla Ue che descrivono una nuova stagione di necessarie modifiche». Ancora, prosegue la bozza, il governo si impegna «a sostenere la profonda modifica del Patto di stabilità e crescita prima della sua reintroduzione» e «la realizzazione dell’Edis» (European deposit insurance scheme, ossia la garanzia comune sui depositi bancari, una riforma ferma alla proposta tedesca, presentata nel 2019, non condivisa dall’Italia).

Inoltre, il testo impegna l’esecutivo «a sostenere il sistema europeo di assicurazione dei depositi bancari» e «un processo che superi il carattere intergovernativo dello stesso Mes». Nella risoluzione si prende «atto dei cambiamenti negoziali apportati come l’anticipo del "common back stop" del Fondo di risoluzione unico per le crisi bancarie» e del nuovo contesto di politiche fiscali europee. Sul punto spinoso dei fondi per la sanità, il documento precisa che «qualsiasi decisione sul ricorso alla linea di credito sanitaria del Mes» sia assunta solo a seguito di un preventivo dibattito parlamentare e previa presentazione «di un’analisi dei fabbisogni, nonché di un piano dettagliato dell’utilizzo degli eventuali finanziamenti».

Un testo frutto di limature, correzioni e mediazioni da far digerire alle forze di maggioranza meno entusiaste nelle ore che mancano al voto. Iv ieri avrebbe fatto trapelare l’intenzione di sostenerlo solo dopo aver ascoltato le comunicazioni del premier Conte in Aula. Mentre i 5 stelle hanno tenuto in serata un’assemblea congiunta dei gruppi.«È stata una trattativa dura, ma sapevamo di avere alle spalle tutto il Movimento unito. Abbiamo raggiunto un risultato straordinario», ha detto il capogruppo 5s a Palazzo Madama Ettore Licheri ai senatori pentastellati. «Ora mi aspetto un gruppo che voti in maniera compatta», auspica il ministro 5s dello Sviluppo Stefano Patuanelli.

Nel Movimento, il campo di un’intesa è stato arato dalla senatrice Barbara Lezzi: «Ho trascorso due giornate con altri 60 parlamentari per mediare le posizioni, per trovare un punto di caduta» racconta, «una risoluzione non ideale, ma che rivendica il ruolo del Parlamento in sede di ratifica» e lega il voto finale all’avanzamento del resto «del pacchetto di riforme».

Nei giorni scorsi, Lezzi era stata fra i firmatari di una lettera in cui alcuni 5s annunciavano la propria contrarietà. Perché ha cambiato idea? Ci siamo riuniti, spiega, «superando sterili distinguo, posizioni tese solo a provocare o azioni esterne di chi esalta Conte in pubblico, ma mira ad affossarlo».

A spendersi per evitare una frattura (col rischio di far andare sotto il governo a Palazzo Madama) sono stati i big: dal capo politico Vito Crimi al ministro degli Esteri. Ed è proprio Luigi Di Maio a concludere: «Ha prevalso il senso di responsabilità, come avevamo auspicato. Nessuno si può chiudere nella propria zona di comfort. La raccolta firme sul Mes può anche servire, ma la settima potenza mondiale non la governi con le raccolte firme – argomenta –, nel M5s ci sono anime diverse, ma prevale la responsabilità».

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