mercoledì 14 settembre 2016
L'arcivescovo è intervenuto sul caso della violenza di gruppo ai danni di una giovanissima stigmatizzando anche l'omertà della comunità.  I SILENZI DI MELITO
Melito, l'arcivescovo incontra la 13enne violentata
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«Sono ancora i valori cristiani a guidare l’educazione? ». L’interrogativo rimbomba in una Cattedrale, quella di Reggio Calabria, gremita, dinnanzi al quadro della Patrona della diocesi, Maria, Madre della Consolazione. L’arcivescovo Giuseppe Fiorini Morosini ha tra le mani i fogli della sua omelia, ma quando decide di affrontare il tema centrale della sua prolusione lo fa a braccio, con veemenza e voce rotta dall’emozione. Il dramma della tredicenne stuprata a Melito di Porto Salvo è una ferita aperta. «L’altro giorno sono andato a casa della giovane per incoraggiarla ad andare avanti. Ho trovato una famiglia distrutta ma con la volontà di riprendere il cammino nonostante le difficoltà che dovranno affrontare» rivelerà poi il presule a Tv2000. La sofferenza di Morosini è tutta per la ragazza, ma anche per il silenzio della comunità, «tubercolosi dello spirito», come aveva detto il presule durante la veglia di preghiera, e ieri mattina ha ribadito dall’ambone della Cattedrale nella tradizionale consegna del cero votivo da parte dell’amministrazione. Politica che sta provando a fare la sua parte, come spiega il sindaco metropolitano, Giuseppe Falcomatà: «Siamo consapevoli che il male bisogna guardarlo negli occhi e denunciarlo, quotidianamente », ha detto, aprendo ad un patto nel nome della «riconciliazione » e della «coesione » a favore dei giovani. Senza condizionamenti con il malaffare. Quei giovani e quella sfida educativa che sono diventati una vera e propria emergenza per padre Giuseppe: «Non leggiamo quell’episodio terribile solo in chiave di ’ndrangheta, non è giusto. Perché in questo modo vogliamo esorcizzare la nostra coscienza».
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