venerdì 21 agosto 2020
Tutti d’accordo a Rimini sulla necessità di mettere la formazione in cima alla nuova agenda politica
Meeting di Rimini 2020. Un momento dell'incontro dedicato alla scuola

Meeting di Rimini 2020. Un momento dell'incontro dedicato alla scuola - Ansa

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Nel giorno dedicato alla scuola, scatta la sequela Draghi. Come un sol uomo, il Meeting di Rimini ieri si è allineato al richiamo dell’ex presidente della Bce sull’importanza di investire di più sull’istruzione. Forse è stato il dibattito più appassionato, quello che ha impegnato ieri mattina politici e ricercatori sui nuovi spazi per l’educazione, promosso dall’Intergruppo per la sussidiarietà guidato da Maurizio Lupi.

La discussione è stata aperta da un j’accuse di Ferruccio De Bortoli. «In questo Paese si parla solo di sciagurati banchi a rotelle perché la classe dirigente manda i figli a studiare all’estero, mentre il tema dell’educazione dovrebbe essere in cima all’agenda politica». Accusa rilanciata da Giancarlo Giorgetti (Lega), secondo cui il problema deriva dal fatto che «le politiche educative sono il terreno del pensiero lungo e la politica di oggi non ha pensiero lungo ma breve e affannoso».

L’urgenza, ha detto il segretario generale del Censis, Giorgio De Rita, è «riprogettare la scuola, e parlo anche di un progetto fisico, che passi attraverso nuovi edifici, senza fermarci alla riqualificazione dell’esistente». Ragionamento condiviso dal sottosegretario Simona Malpezzi (Pd) – «solo se hai nuovi spazi fisici puoi mettere in atto una didattica innovativa» – mentre per Gabriele Toccafondi (Italia Viva) la riprogettazione pone anche «un tema di prospettiva, perché se parliamo di cambiare il percorso educativo serve una visione», la stessa che invoca Fabio Rampelli (Fdi).

Insomma, Draghi detta l’agenda ma non si riesce ancora a scriverla. E il tempo stringe. La scadenza del 15 ottobre – presentazione dei progetti per fruire dei finanziamenti europei deliberati dal Consiglio di luglio – penzola sulla testa di governo e parlamento come una spada di Damocle. Il giorno prima dovrebbero riaprire le scuole, ma il futuro tra i banchi (mobili) è tutto da progettare, soprattutto dopo che, ha osservato Mariastella Gelmini (Forza Italia), «il distanziamento è fallito per un mero pregiudizio ideologico: bastava fare un patto tra scuola paritaria e scuola statale per reperire gli spazi che la paritaria ha, ma si è preferito lasciare famiglie e ragazzi nell’incertezza più totale».

Anche Gelmini ha riproposto le preoccupazioni di Draghi sul recovery fund, chiedendo che «ci sia una discussione in Parlamento su come investire quei 200 miliardi che l’Europa ha promesso di darci». Urge «una progettualità qualitativa che colmi ad esempio il gap digitale, dopo che un milione e mezzo di ragazzi non ha avuto accesso alla didattica a distanza per assenza della connessione». Un accordo con la maggioranza, ha spiegato, è possibile, «sostituendo alla cultura del rancore la forza del coraggio di innovare». È già avvenuto al momento del voto sugli scostamenti di bilancio.

Il confronto al Meeting è stato anche l’occasione per rilanciare due iniziative concrete dell’Intergruppo, due proposte di legge di inizio febbraio che si candidano a contribuire alla progettazione in corso. La prima è diretta a prevenire la dispersione scolastica attraverso l’introduzione sperimentale nelle scuole secondarie di primo e secondo grado delle competenze non cognitive nel metodo didattico. Ossia educare all’amicalità, alla coscienziosità, alla stabilità emotiva e all’apertura mentale. Si tratta di skill che aiutano l’alunno a sviluppare la propria creatività, il problem solving, la capacità di giudizio, di organizzazione e di integrazione. La seconda proposta prevede invece di concedere alle imprese un’agevolazione fiscale per i costi sostenuti per la formazione dei dipendenti, sul modello di Industria 4.0.

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