mercoledì 3 aprile 2013
Importante operazione della Direzione investigativa antimafia di Palermo, a cui sono arrivati anche i complimenti del ministro Cancellieri. Gli investigatori hanno documentato anche contatti tra l’industriale ed esponenti delle istituzioni pubbliche. Il governatore Crocetta: «Revocheremo tutte le autorizzazioni».
L'ALTRO EDITORIALE Energia pulita di Marco Tarquinio
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Da semplice elettricista esperto in pompe di calore a incontrastato “signore del vento” di tutto il Mezzogiorno, con l’appoggio dei vertici di Cosa nostra. Sarebbe legato a filo doppio col superlatitante Matteo Messina Denaro, l’imprenditore del settore eolico e fotovoltaico di Alcamo, Vito Nicastri, 57 anni, al quale è riconducibile l’impero economico del valore di un miliardo e 300 milioni di euro confiscato ieri dalla Direzione investigativa antimafia, diretta da Arturo De Felice. Il provvedimento della sezione Misure di prevenzione del Tribunale di Trapani, firmato da Pietro Grillo, passa alla storia come la più grossa confisca di beni e società riconducibili a un unico individuo. Per l’operazione sono arrivate le congratulazioni del ministro dell’Interno, Annamaria Cancellieri. Nicastri, che non è stato arrestato ma sottoposto a sorveglianza speciale con obbligo di dimora nel comune di residenza, era stato coinvolto quattro anni fa nell’operazione “Eolo”, che aveva svelato il coinvolgimento di Cosa nostra nel lucroso affare della realizzazione delle centrali eoliche in provincia di Trapani, la zona controllata proprio da Messina Denaro.L’imprenditore era divenuto uno dei massimi esperti nel settore delle energie pulite in tutto il Mezzogiorno d’Italia. Bastava rivolgersi a lui per realizzare un impianto chiavi in mano. Così è accaduto in mezza Sicilia. Da Trapani a Messina, da Enna a Catania. Secondo gli uomini della direzione investigativa antimafia di Palermo, coordinati dal capo centro Giuseppe D’Agata, Nicastri avrebbe goduto della protezione della criminalità organizzata non solo in Sicilia. Avrebbe contato anche sull’appoggio dei capimafia palermitani Salvatore e Sandro Lo Piccolo, come testimoniano i “pizzini"” scoperti in occasione del loro arresto nel covo di Giardinello nel 2007. In Calabria avrebbe strizzato l’occhio alla ’Ndrangheta, in particolare alle ’ndrine di Platì, San Luca e Africo, diventando il signore del vento con interessi fino in Spagna, Danimarca e Lussemburgo.L’operazione che «colpisce al cuore l’aria grigia di Cosa nostra» svela una «contiguità consapevole e costante agli interessi della criminalità organizzata». Le indagini della Dia avrebbero ricostruito «il fitto reticolo patrimoniale degli ultimi trent’anni facendo rilevare l’esistenza di una consistente sperequazione tra i beni posseduti ed i redditi dichiarati». In particolare, il patrimonio già sottoposto a sequestro nel settembre 2010, ammonta a 43 tra società e partecipazioni societarie; 98 immobili (palazzine, ville, magazzini e terreni); 7 beni mobili registrati (autovetture, motocicli ed imbarcazioni); 66 disponibilità finanziarie, per un valore di un miliardo e trecento milioni. Alcuni beni erano intestati a familiari o a persone vicine a Nicastri. Un impero economico costruito dal nulla. All’inizio degli anni Novanta, quando il business dell’eolico doveva ancora cominciare, Nicastri iniziò a fare soldi col fotovoltaico. Fu coinvolto in un’inchiesta, accusato di aver pagato mazzette per oliare il meccanismo delle autorizzazioni per gli impianti. Messo alle strette, agli inquirenti rivelò di essere un collettore di tangenti. Nicastri capì che quella confessione avrebbe potuto compromettere i suoi affari futuri, perché nessuno si sarebbe fidato di chi spifferava tutto al primo pericolo. Ma, come raccontò il pentito Giuseppe Ferro, avrebbe cercato di riaccreditarsi presso le cosche chiedendo aiuto a Cosa nostra, con cui si sarebbe messo in affari, diventando uno “sviluppatore”, figura imprenditoriale tipicamente italiana connessa allo sfruttamento dell’energia da fonte eolica. Si tratta di colui che fa il «lavoro sporco», che risolve i problemi, vendendo poi tutto alle grandi compagnie, «rimanendo con le imprese edili ad assicurare l’esecuzione delle opere e i rapporti con la criminalità» come scrive la Dia.Nel corso delle indagini sono stati documentati contatti tra Nicastri e appartenenti alle istituzioni pubbliche che avrebbero agevolato i finanziamenti regionali. Il presidente della Regione siciliana, Rosario Crocetta, ha annunciato di aver avviato subito una verifica per accertare eventuali rapporti con l’imprenditore e, se saranno accertati, «ovviamente revocheremo tutto».
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