mercoledì 14 luglio 2010
Blitz al Nord e in Calabria, colpito il cuore economico delle cosche. Contatti con politici e imprenditori. Coinvolti politici e uomini delle forze dell’ordine. Sequestrati milioni di beni. In Lombardia numerosi gli appalti nelle mani delle cosche. Fallito il tentativo di entrare nella ricostruzione del post terremoto. Ironico il procuratore nazionale antimafia Piero Grasso: «Abbiamo violato la privacy di molti malavitosi».
- Vigilanza e anticorpi o le cosche vinceranno di A. M. Mira
- In Lombardia la cassaforte delle cosche
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Da ieri nessuno potrà più considerarla un’organizzazione mafiosa di “serie B”. Ha una struttura molto simile a Cosa Nostra, con la base in Calabria e delle ramificazioni territoriali presenti in tutta Italia, specie nel Nord. Ma anche all’estero: come in Germania, Canada e Australia. La Lombardia è la roccaforte del Settentrione. È la ’ndrangheta e il modus operandi della banda criminale è emerso grazie alla maxi operazione coordinata dalla Dda di Milano e di Reggio Calabria e condotta da 3.000 uomini fra carabinieri e polizia all’alba di ieri: tra la Calabria e il Nord Italia sono finite in manette oltre 300 persone. Sono accusate di associazione di tipo mafioso, traffico di armi e stupefacenti, omicidio, estorsione, usura e altri gravi reati. È stato riscontrato anche il tentativo da parte della ’ndrangheta di infiltrarsi negli appalti dell’Expo 2015 di Milano e in quelli della ricostruzione del post terremoto in Abruzzo. Solo in Lombardia gli arresti sono 160, altri 120 nella provincia di Reggio Calabria (a cui sono da aggiungere operazioni eseguite a Vibo Valentia e Crotone). Tra le regioni coinvolte ci sono anche Piemonte e Liguria. È finito in manette nel corso del maxi blitz il capo dei capi delle cosche calabresi, l’ottantenne Domenico Oppedisano. La sua nomina a “capocrimine” – cioè colui che è al vertice dell’organismo che comanda su tutte le ’ndrine ed è denominato “Provincia” – è stata decisa meno di un anno fa, il 19 agosto del 2009, durante le nozze tra due figli di boss: Elisa Pelle e Giuseppe Barbaro.Gli inquirenti calabresi e lombardi, al lavoro da tempo (circa due anni) su questa inchiesta, hanno incentrato l’indagine proprio sulle infiltrazioni che l’organizzazione mafiosa aveva in Lombardia e nel Settentrione in genere. Il controllo della ’ndrangheta è stato riscontrato in attività produttive e commerciali. Oltre agli arresti, il blitz delle forze dell’ordine ha portato anche al sequestro di denaro, armi e droga oltre che a beni mobili e immobili per un valore complessivo di oltre sessanta milioni di euro». A coordinare l’intera operazione è stato il procuratore aggiunto di Milano, Ilda Boccassini che ieri ha illustrato i risultati presente anche il procuratore nazionale antimafia Pietro Grasso: «Un brillante risultato e una tappa fondamentale nella repressione della ’ndrangheta», ha detto Grasso, che poi, rispondendo a una domanda sul ruolo delle intercettazioni nella riuscita di questa operazione, ha ironizzato sostenendo come, in questo caso, «sia stata violata la privacy di molti ’ndranghetisti». Ilda Boccassini ha sottolineato l’importanza avuta in questa indagine dalle intercettazioni (telefoniche e ambientali) e ha evidenziato come la ’ndrangheta potrebbe contare soltanto nella regione Lombardia su oltre 500 affiliati. A certificare il “balzo in avanti” della ’ndrangheta e a farle assumere un profilo sempre più nazionale e internazionale è stato l’omicidio di Carmelo Novella, l’uomo di raccordo tra il Sud e il Nord, avvenuto il 14 luglio 2008 in un bar di San Vittore Olona. Con il blitz di ieri la morte di "compare Nuzzo", come era chiamato, avvenuta esattamente due anni fa per mano di killer a volto scoperto, assume un altro significato: non si è trattato di un regolamento di conti relativo ad appalti nel settore immobiliare, ma sotto c’era molto di più. Novella aveva infatti sparso la voce che la “Lombardia” – e con questo termine non intendeva riferirsi alla Regione ma all’insieme dei vari coordinamenti della ’ndrangheta che si erano stabiliti nell’hinterland milanese – avrebbe potuto diventare indipendente, «fare da sola», senza più il bisogno di dipendere dai boss calabresi. Il posto di Novella è stato preso da Giuseppe Neri. E ieri anche lui è finito in manette.
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