mercoledì 6 luglio 2022
Mancano all’appello ancora 5 persone. Le famiglie raccolte davanti al Palaghiaccio di Canazei in attesa di risposte. Una donna: «Stiamo molto male perché non abbiamo un corpo, quello di mio figlio»
La sorella di Erica Campagnaro, la donna di Tezze sul Brenta (Vicenza), dispersa assieme al marito Davide Miotti sulla Marmolada intervistata dai giornalisti all'esterno del centro operativo allestito alla caserma dei vigili del fuoco per le operazioni di soccorso sul ghiacciaio della Marmolada a Canazei, 05 luglio 2022

La sorella di Erica Campagnaro, la donna di Tezze sul Brenta (Vicenza), dispersa assieme al marito Davide Miotti sulla Marmolada intervistata dai giornalisti all'esterno del centro operativo allestito alla caserma dei vigili del fuoco per le operazioni di soccorso sul ghiacciaio della Marmolada a Canazei, 05 luglio 2022 - ANSA/ANDREA SOLERO

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È il giorno del dolore, e della rabbia anche. Perché aspettare un corpo, o il pezzo di un corpo – ancora: uno zaino, un brandello di giacca, uno scarpone – è un’agonia indicibile. La provano le famiglie raccolte davanti al Palaghiaccio di Canazei, l’ordinato muro del pianto dietro cui da domenica si tenta di ricomporre le vittime della furia della montagna. Non sono più 14, come si era temuto in un primo momento: ieri si è riusciti a trovare, dopo ore convulse di ricerche e appelli, un proprietario per ognuna delle automobili che erano rimaste ferme nel parcheggio a passo Fedaia. E ogni proprietario sta bene, è vivo. Ma sulla lista restano segnate 7 vittime (di cui solo 4 identificate, l’ultima è una donna trentina di 54 anni, Liliana Bertoldi) e 5 dispersi.

Tra loro c’è il figlio di una donna che non vuole parlare con nessuno e a metà mattina sbotta davanti ai microfoni: «Stiamo molto male perché non abbiamo un corpo, quello di mio figlio. E oltre a dover gestire una cosa così grande, devo gestire anche le orde barbariche di giornalisti... questo no!». I colleghi si fanno da parte, lei resta sola, in lacrime. E ricomincia la sua attesa. Poco più in là, nel pomeriggio, è la sorella di Erica Campagnaro a prendere la parola, stavolta chiedendo l’attenzione dei cronisti: «Perché nessuno ha fatto un avviso sabato, che c’era l’acqua che scorreva sotto il ghiacciaio? Perché non hanno fermato le persone? Perché le hanno lasciate andare?».

Erica, assieme al marito Davide Miotti, dalla gita domenicale sulla Marmolada non è mai tornata a Tezze sul Brenta, nel Vicentino. Dove le speranze di rivedere la donna sono al lumicino: «Era una bella giornata di sole, sì, per carità – prosegue la sorella, arrivata solo ieri a Canazei –. Ma se sotto scorre l’acqua... se c’è una responsabilità, andremo fino in fondo». Per il crollo non ci sono, naturalmente, indagati e forse non ce ne saranno mai: «Il fascicolo aperto – spiega il procuratore di Trento Sandro Raimondi – è contro ignoti. Per l’identificazione di tutte le vittime verrà fatto il test del Dna». Oggi è prevista la prima riunione operativa anche con la Protezione civile «e dovremo delineare una linea investigativa, anche se in questo momento l’imprevedibilità è tale che il nostro fascicolo, aperto per disastro colposo, è un raccoglitore di carte. Escludiamo negligenze. Vedremo cosa sarà utile per l’accertamento dei fatti e cosa sotto il profilo penale».

Chi attende, ancora, sono anche i genitori di Gianmarco Gallina e della sua fidanzata, Emanuela Pira: 36 e 33 anni, lui di Montebelluna e lei di Bassano del Grappa, «bellissimi e innamorati» per chi li conosceva, erano arrivati a Canazei domenica mattina per salire sulla Marmolada. «Sabato è l’ultima volta che li abbiamo sentiti – spiegano e rispiegano, come se potesse consolare il fatto che la colata di detriti che s’è staccata dalla montagna abbia inghiottito solo alpinisti esperti –. Avevano anche la guida, non sono sprovveduti. Hanno fatto anche corsi, sono bravissimi. Speriamo sono...».

E sportivi, attrezzati, attenti erano davvero Gianmarco ed Emanuela, nuotatore lui, amante delle scalate lei. Come amante della montagna, da sempre, era Liliana Bertoldi, la quarta vittima identificata: 54 anni, il fisico asciutto e il sorriso felice nelle fotografie che quasi sempre la ritraggono sulla neve, abitava a Levico Terme, piccolo comune della provincia di Trento, e faceva parte della comitiva dei «Valsuganoti» che sabato è salita sulla Marmolada. Di lei non si avevano più notizie dalle ore 13.40 di domenica. La conoscevano tutti, in Trentino, perché lavorava come ambulante con un furgone per la vendita di polli allo spiedo: il suo camioncino ogni sabato passava da Pergine Valsugana, lo stesso paese in cui lavorava Davide Carnielli, che invece è stato tolto dalla lista dei dispersi perché riconosciuto, in ospedale a Treviso, dai suoi familiari. Due destini incrociati e diversi, i loro. Liliana aveva compiuto gli anni appena qualche giorno fa: la cima della Marmolada, chissà, forse era un regalo che si era fatta per la gioia d’essere tornata libera di salire sulle montagne dopo i mesi invernali e tutti i problemi vissuti con il Covid. È stato l’ultimo.

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