giovedì 25 settembre 2014
​Battaglia legale di un poliziotto di Genova a cui il ministero aveva negato le ore libere. Il Consiglio di Stato: va salvaguardata la paritetica partecipazione all'educazione del figlio.
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Anche i mariti delle casalinghe hanno diritto ai permessi per "l'allattamento", vale a dire alle ore libere (una o due al giorno, a seconda del contratto di lavoro) per accudire il bambino sino al primo anno di vita, aiutando così le mogli. Pochi lo sanno, pochissimi lo fanno in un paese in cui la cura dei figli è quasi esclusivamente delegata alle mamme e per gli uomini, soprattutto in certi ambienti di lavoro, viene considerato disdicevole lasciare indietro gli impegni in ufficio per correre a casa a cambiare pannolini. Un poliziotto di Genova invece, deciso a seguire da vicino i primi mesi di vita del suo piccolo e a dare una mano alla moglie alle prese con la difficile conciliazione casa-bebé, è dovuto ricorrere alle vie legali per vedere riconosciuto il suo diritto. Il ministero dell'Interno aveva infatti respinto la sua richiesta, adducendo proprio come motivazione il fatto che la moglie non aveva un lavoro e quindi poteva dedicarsil al bambino. Il Tar aveva confermato questa visione delle cose ma il Consiglio di Stato invece ha ribaltato la sentenza e dato ragione al papà-poliziotto. "Finalmente giustizia è fatta" ha esultato il sindacato di polizia Silp-Cgil che ha assisito il neo-papà lanciando un appello a tutti gli interessati a farsi avanti. L'articolo 40 del testo unico 151/2000 spiega il Consiglio di Stato, punta a "beneficiare il padre di permessi per la cura del figlio allorquando la madre non ne abbia diritto in quanto lavoratrice non dipendente e pur tuttavia impegnata in attività (nella fattispecie quella di casalinga) che la distolgano dalla cura del neonato". Il principio da rispettare, si legge nella sentenza, "è quello della paritetica partecipazione di entrambi i coniugi alla cura ed all'educazione della prole". Viene inoltre sottolineato l'oggettiva impossibilità, nel caso della lavoratrice casalinga "di conciliare le delicate e impegnative attività di cura del figlio con le mansioni del lavoro domestico" e al tempo stesso, visto che si tratta di una famiglia mono-reddito, di avere aiuti esterni alla coppia rivolgendosi a baby-sitter o collaboratrici domestiche. Un ragionamento che non fa una piega.
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