sabato 20 giugno 2015
Nel mirino della Ragioneria l'erogazione del salario accessorio ai dipendenti del Comune di Roma.
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Fra nuove voragini nei conti e vecchie voragini nelle strade sanate in tempi troppo lunghi - a detta dei cittadini - per Ignazio Marino, ieri, è stata un’altra giornata difficile. Con l’inchiesta su 'Mafia capitale' che grava sull’amministrazione e M5S che cavalca la protesta con una mozione di sfiducia.  Anche Sel chiede «forte discontinuità», ma il sindaco non ha intenzione di mollare. Esibisce anzi rinnovata sintonia col suo partito dopo la freddezza mostrata da Matteo Renzi. «Ho avuto un lungo e mostro costruttivo incontro con il commissario del Pd Matteo Orfini - fa sapere -, che mi ha voluto anticipare cambi strutturali per il partito di Roma, in arrivo per la prossima settimana », si compiace Marino.  Nell’attesa, però, il sindaco fa i conti con le emergenze amministrative e finanziarie che si sommano alle tensioni di carattere giudiziario. Scoppia la grana del salario accessorio. Una grana da 360 milioni, su cui ragioneria generale dello Stato ha puntato gli occhi sebbene, in serata, venga fuori una nota ufficiale del ministero dell’Economia per smentire di aver chiesto la restituzione di queste somme. Ma c’è anche la Corte dei Conti a vigilare, e il nodo resta bello grosso. Si tratta di una vicenda annosa (che riguarda somme erogate fra il 2008 e il 2013) iniziata con la giunta Alemanno, ma per Marino e per il suo assessore al Bilancio Silvia Scozzese, alle prese con un difficile piano di rientro, si tratta di un’ulteriore grana non da poco. Il sindaco tuttavia tiene duro: «Nessun salario di nessuno dei dipendenti sarà toccato e nessun euro dovrà essere restituito», dice con toni inequivocabili Marino all’uscita di una riunione con i sindacati. Promette la stipula di un nuovo contratto decentrato in Campidoglio d’intesa con i sindacati stessi. E a sostegno della tesi del sindaco c’è anche una vertenza similare che riguarda il Comune di Firenze.  Il predecessore Gianni Alemanno prova a stemperare: «No a bracci di ferro fra governo e Comune. La soluzione sulla vertenza del salario accessorio deve essere politica», auspica. Ma accusa Marino di aver fatto esplodere lui la questione, dopo l’insediamento, nel 2013, con una richiesta di un’ispezione del Mef «al solo obiettivo di scaricare su di noi le sue difficoltà».  Ma anche se non ci sarà richiesta di restituzione, il sottosegretario all’Economia Enrico Zanetti porta alla luce tutte le perplessità del Mef sulla gestione della vicenda, confermando che tecnici del ministero, ispezionato il Bilancio di Roma, puntano il dito proprio sulla parte variabile dello stipendio degli impiegati «passata da 66 milioni nel 2008 a 345 milioni nel 2013», in quanto erogato «a pioggia, senza agganci alla produttività». Ma nella guerra fredda Marino-Palazzo Chigi intanto cova anche il decreto sul Giubileo che continua a slittare. Che non tiri una buona aria, per lui, a Roma, Marino aveva potuto constatarlo in mattinata, costretto a disertare una piccola cerimonia, per la riapertura dopo due anni e mezzo, di una strada (via Genzano) al quartiere Appio, dove si era aperta una piccola voragine. La protesta era scoppiata ancor prima del suo arrivo, fino a sconsigliarlo del tutto. «In due anni tappavi il buco dell’ozono », c’era scritto su un manifesto. Ne scaturiva un parapiglia fra opposte fazioni locali, e alla fine Marino si teneva alla larga. Nel battaglia di M5S per spingere verso le dimissioni si inserisce Beppe Grillo in persona ad attaccare 'Ignaro' (lo chiama così) Marino, accusando, lui e il Pd, di voler tirare a campare, «per evitare di finire terzi o quarti», in caso di voto anticipato. Ma lui non ci pensa nemmeno, a lasciare. Anzi raddoppia puntando al 2023. E ieri ha varato la sua fase 2, quella del «fare». Convocata la giunta, ha indicato la sua road map, che vede in testa le strade, piene di buche, i rifiuti, e i bus, stracolmi. I problemi di Roma da sempre.
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