martedì 20 ottobre 2015
​​Il sindaco in una conferenza stampa nega di aver utilizzato denaro pubblico per scopi personali. "Ho 20 giorni per decidere sulle dimissioni".
L'INCHIESTA Le spese di rappresentanza sotto la lente della Procura
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Torna a difendersi ancora una volta il sindaco di Roma Ignazio Marino travolto dallo scandalo legato a presunte irregolarità sui rimborsi per "spese istituzionali" e sull'utilizzo della carta di credito del Comune . Costretto alle dimissioni e scaricato dal suo stesso partito ieri Marino è stato ascoltato a lungo dai pm e oggi ha deciso di tenere una conferenza stampa per spiegare la sua versione dei fatti. Facendo intendere che l'ultima parola non è ancora stata detta e che le dimissioni, da lui firmate qualche giorno fa, potrebbero non essere irreversibili. "Sono stato ascoltato come persona informata sui fatti e non sono indagato" ha detto Marino spiegando la sua posizione legale. "Mi sono dimesso perché ho estremo rispetto per l'autorità dimissionaria e per spiegare i fatti - ha aggiunto - gli esposti presentati da M5s e Fdi sono vergognosi e in malafede". Poi l'affondo sulle dimissioni con l'ipotesi di un ripensamento che di certo non sarebbe gradito  a Renzi e al Pd. "Così come prevede la legge, e come detto nella mia lettera di dimissioni, pensavo e penso che ho 20 giorni per fare opportune riflessioni e verifiche sulle miedimissioni".  Ieri Marino per oltre quattro ore ha parlato di quelle cene, degli scontrini e di tutte le spese effettuate con la carta di credito intestata al Comune di Roma davanti ai pm. Il sindaco Marziano che per la vicenda delle spese contestate ha dovuto firmare la lettera di dimissioni, ha respinto le accuse, portato documentazione e rilanciato: "tutte le sottoscrizioni a mio nome in calce a tali giustificativi non sono autentiche, come può facilmente rilevarsi a occhio nudo". Un lungo monologo, dichiarazioni spontanee con le quali il sindaco ha cercato sbrogliare una matassa che gli è costata la poltrona in Campidoglio. Il fascicolo avviato nelle scorse settimane dal procuratore capo Giuseppe Pignatone e affidato all'aggiunto Francesco Caporale e al sostituto Roberto Felici, dopo gli esposti dei gruppi consiliari di Fratelli d'Italia e Movimento 5 stelle, resta al momento senza indagati.
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