mercoledì 2 aprile 2014
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Uccisi a fucilate, avvelenati o strangolati dai lacci da bracconieri. I corpi straziati esposti nelle piazze dei paesi: un macabro rito che porta alla mente immagini del passato, quando la legge ancora considerava i lupi una "specie nociva" cui poter sparare impunemente. Lo scorso 12 febbraio l’episodio più crudele: una testa di lupo mozzata appesa a un palo all’ingresso di Scansano, piccolo paese in provincia di Grosseto. Accanto, un cartello con una firma che suona come un crudele sberleffo: "Cappuccetto rosso".Da novembre a oggi sono state dieci le uccisioni di lupi (o ibridi) registrate nel territorio maremmano. Episodi che rappresentano la punta dell’iceberg di una tensione che dura da mesi. «Gli allevatori si sentono minacciati – spiega Francesco Viaggi, presidente di Coldiretti Grosseto –. Condanniamo con forza questi episodi di violenza ingiustificata. Ma la situazione è grave, c’è a rischio la nostra sopravvivenza». Nelle campagne toscane, già colpite dalla crisi, gli assalti dei predatori possono rappresentare il colpo di grazia per tante piccole aziende. «Bisogna fare i conti con gli animali uccisi durante gli assalti, con quelli che muoiono nei giorni successivi per lo spavento. Con gli aborti», spiega Francesco Viaggi. E quando un’azienda con 400 capi ne perde 60 in poco tempo il danno economico è evidente.Quasi completamente sterminato nel corso nel Novecento (negli anni Settanta se ne contavano appena un centinaio di esemplari concentrati in Abruzzo, ndr) oggi il lupo è una specie protetta ed è tornato a popolare montagne e valli. «Dal 1970, grazie all’Operazione San Francesco, il lupo si è reinsediato lungo tutto l’Appennino fino alle Alpi Occidentali, per un totale di circa 800-1.000 esemplari», spiega il presidente del Wwf, Dante Caserta. Parallelamente, però, si assiste a una recrudescenza del bracconaggio: più di cento lupi ogni anno vengono uccisi a fucilate, con lacci, trappole e bocconi avvelenati. Nemmeno il Parco Nazionale d’Abruzzo è stato risparmiato: secondo le stime di Legambiente, in 36 mesi nella regione hanno perso la vita 14 esemplari di lupo appenninico. La posta in gioco è trovare il punto d’equilibrio tra le esigenze degli allevatori e la tutela del lupo: senza la pastorizia rischia di scomparire un’intera economia. Allo stesso modo il lupo è fondamentale per ecosistemi come il nostro, fortemente condizionati dalla presenza dell’uomo. «Dove le campagne sono state abbandonate c’è stata una forte espansione degli erbivori: cervi, camosci e cinghiali – spiega Antonio Pollutri, responsabile dei progetti Life per il Wwf  -. I predatori controllano le popolazioni degli erbivori, divorano le carcasse. Laddove ci sono i grandi predatori si abbatte in maniera importante il condizionamento che hanno gli erbivori sulla vegetazione». Reti fisse e mobili, ricoveri notturni per il bestiame, l’utilizzo di cani addestrati sono alcuni dei dispositivi che possono essere adottati per scoraggiare gli attacchi. Obiettivo: ridurre il conflitto tra il lupo e le attività dell’uomo. Il "rischio zero" però non esiste.Occorrono indennizzi per gli allevatori che hanno subito perdite e un’efficace politica di contenimento del randagismo e della conseguente diffusione degli ibridi nati dall’incrocio tra cani vaganti e lupi. Su sollecitazione degli agricoltori, la Regione Toscana ha elaborato un piano d’intervento da 4-5 milioni di euro che andrà a potenziare le politiche già in atto e che prevede interventi in tempi brevi nelle province di Grosseto, Arezzo e Firenze.
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