venerdì 30 novembre 2018
Erano stati salvati dal Nuestra Signora Loreto, alla parola "Libia" uno ha minacciato il suicidio e un altro ha perso conoscenza. I libici li avevano lasciati in mare dopo avere distrutto il gommone
I soccorsi prestati da United4Med ai migranti salvati dal peschereccio Nuestra Signora Loreto. Erano stati abbandonati in mare dai libici e sarebbero sicuramente affogati (Mich Seixas / Operazione Mediterranea)

I soccorsi prestati da United4Med ai migranti salvati dal peschereccio Nuestra Signora Loreto. Erano stati abbandonati in mare dai libici e sarebbero sicuramente affogati (Mich Seixas / Operazione Mediterranea)

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Le navi dell’operazione umanitaria United4Med, Open Arms e Mare Jonio dell’Operazione Mediterranea hanno chiesto ufficialmente l’autorizzazione a evacuare uno dei migranti al più vicino ospedale di Malta, accordata a Open Arms dal governo de La Valletta, e a prendersi a bordo gli altri undici migranti che si trovano da un settimana sul peschereccio spagnolo Nuestra Madre Loreto.

La comunicazione via radio e via mail riguarda principalmente il centro nazionale di coordinamento del soccorso in mare, l’Mrcc di Madrid che aveva coordinato dall’inizio la richiesta di soccorso dei pescatori lo scorso 23 novembre, essendo la loro imbarcazione con bandiera spagnola. Poiché il rimorchiatore Mare Jonio e il peschereccio si sono incrociati in Sar maltese, le comunicazioni vengono diramate dallo staff di Operazione Mediterranea anche all’Mrcc di Malta e per conoscenza, anche all’Mrcc di Roma: ma resta il fatto che è Madrid che dovrebbe rispondere. Alla disponibilità offerta dalla nave Mare Jonio di trasbordare i migranti, l’Mrcc spagnolo non ha dato alcun via libera, bensì una non risposta: “Fateci sapere del trasbordo”. Come a dire quando lo avrete fatto, poi vedremo, ma senza assumersene a pieno la responsabilità. Con le condizioni meteo in netto peggioramento questo rimpallo istituzionale, con gli spagnoli che in attesa del voto regionale di domenica 2 in Andalucia, questa mancanza di coordinamento lascia ancora in una sorta di limbo giurisdizionale i pescatori eroi e con loro le persone soccorse.

L’Mrcc di Roma, informato di tutta la vicenda dalle comunicazione reinoltrate dalla Mare Jonio è stato contattato anche telefonicamente dal parlamentare di Leu, Nicola Fratoianni intorno alle 17.30 del pomeriggio che partecipa alla missione Mediterranea: ha chiaramente fatto sapere che non ha disposizioni a riguardo per la Mare Jonio” e ha lasciato intendere che la competenza dell’operazione di soccorso è tutta spagnola.

Nel frattempo il medico di bordo della Mare Jonio di Operazione Mediterranea, l’olandese Ayla Emmink, assieme all’equipé medica di Open Arms hanno raggiunto la barca da pesca per verificare le condizione di salute dei dodici profughi, tra loro 2 nigeriani, 3 sudanesi, 3 somali, 3 egiziani e 1 senegalese; e in particolare per uno dei trentenni originario dell’Egitto che si trova in condizioni gravi è stata autorizzata la richiesta di evacuazione al più vicino ospedale de La Valletta.

Gli altri sembrano in condizioni fisiche buone, anche se una volta rotto il ghiaccio, chiedono immediatamente “quando potremmo andare via”, intendendo con “via” la terraferma, “Roma, Milano, Fiorentina, Lazio”: un elenco di città in cui sognare di vivere che somiglia più a una classifica del campionato di calcio.

Nelle prossime ore si vedrà se qualcuno si assumerà non solo la responsabilità di dare l’autorizzazione al trasbordo su una delle navi della flotta United4Med, ma darà anche l’indicazione del porto sicuro per risolvere il caso internazionale dei pescatori prima salvatori dei 12 migranti, e poi rimasti completamente isolati e inascoltati da Spagna, Italia e Malta.

La missione United4med riparte dal porto di Zarzis

Le navi della flotta umanitaria United4Med, e in particolare la Open Arms e la Mare Jonio, sfidando le condizioni di mare grosso, nella notte tra venerdì e sabato, avevano deciso di lasciare il porto di Zarzis.

Al timone della Mare Jonio il comandante Carlo Bianca, alla velocità di circa 8-10 nodi, ha permesso alla nave di Operazione Mediterranea in venti ore di viaggio di ridurre le distanze con il peschereccio spagnolo Nuestra Madre Loreto lasciato delle istituzioni europee e dalla Spagna stessa nel limbo del Mediterraneo, senza l’indicazione di un porto sicuro dove far approdare le dodici persone in condizioni di salute sempre più difficili e dove poter fare rifornimenti.

I pescatori spagnoli avevano ricontattato venerdì mattina la flotta di United4Med dopo che nella notte tra giovedì e venerdì il Centro nazionale di coordinamento del soccorso in mare (Mrcc) di Madrid - l’unico con cui avevano avuto contatti, perché le chiamate ai libici erano andate a vuoto - aveva riferito che una motovedetta della Guardia costiera libica sarebbe andata venerdì stesso a intercettarli per riprendere i migranti e riportarli nei campi di detenzione. Sull’imbarcazione da pesca di gamberetti - come aveva raccontato il capitan Pascual Duran in un’intervista ad Avvenire - ha dilagato la tensione provocata dal carburante quasi al limite e dal clima di disperazione e di nervosismo tra le persone soccorse. Tanto che venerdì dopo la comunicazione dell’Mrcc di Madrid al solo sentire menzionare le parole “Libia”, “libici” due persone a bordo avevano minacciato di suicidarsi e un altro migrante aveva perso conoscenza e a fatica era stato rianimato.

Come ha prestato soccorso il peschereccio Nuestra Madre Loreto

Va ricordato che lo scorso 22 novembre quello di Nuestra Madre Loreto è stato il primo Sos ricevuto dalla missione congiunta, United4Med, con in mare le navi delle Ong, la spagnola Open Arms e la tedesca Sea Watch, oltre alla Mare Jonio di Operazione Mediterranea. Il peschereccio si trovava giovedì 22 novembre a circa 78miglia dalle coste libiche, dove prestò soccorso a 12 persone abbandonate in mare dalla motovedetta della Guardia costiera libica che aveva intercettato un gommone con a bordo 36 persone. A distanza di 24 ore l’Mrcc di Madrid aveva permesso alla nave di Open Arms di offrire assistenza medica, ma non aveva autorizzato il trasbordo dei migranti sulla imbarcazione del capomissione Riccardo Gatti.

«Mi sono buttato io in mare - aveva raccontato uno dei profughi soccorsi a Lorenzo D’Agostino, giornalista freelance a bordo della Open Arms -, piuttosto che tornare in Libia a subire quello che subito preferisco morire», aggiunge. E ancora: «Non ho paura della morte, ma ho paura dei libici». I libici dopo aver intercettato il gommone ne avevano bucato i tubolari, abbandonando in mare queste 12 persone che avevano rischiato di annegare se lì vicino non ci fosse stato il peschereccio spagnolo pronto a intervenire.

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