lunedì 17 aprile 2017
Manifestazione di protesta per dire basta allo sfruttamento dei lavoratori stranieri costretti a lavorare per pochi euro nelle campagne
In marcia contro il caporalato e i ghetti
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Diverse decine di persone hanno partecipato oggi alla marcia nazionale contro la mafia del caporalato che si è tenuta a Borgo Mezzanone, dove si trova un ghetto di migranti che è divenuto nel tempo uno dei luoghi simbolo dello sfruttamento della manodopera in agricoltura. La marcia è partita dal centro di Borgo Mezzanone ed è proseguita fino al "ghetto dei bulgari". Vi hanno aderito numerose associazioni, alcuni intellettuali e, a titolo personale, il segretario generale Spi Cgil Puglia, Gianni Forte.

"Nei 40 anni di lotte contro il caporalato che ho vissuto anche da protagonista sindacale - afferma Forte - siamo sempre rimasti isolati da una società civile che non sembrava disposta a sostenerci. La marcia fa cadere un altro muro e segna l'inizio di una fase nuova". Secondo le associazioni organizzatrici, la scelta di marciare contro il caporalato deriva dalla necessità di dare un segnale di civiltà in uno dei luoghi più infernali d'Italia. Secondo gli organizzatori, alla marcia hanno partecipato circa 300 persone ed erano presenti tutti i rappresentanti delle associazioni che vi hanno aderito, tra cui Lega Coop, Amnesty, Emergency, Migrantes, Libera e Aiab (Associazione italiana per l'agricoltura biologica). Il corteo ha percorso circa otto chilometri prima di arrivare al ghetto dei bulgari, la baraccopoli abitata da circa 250-300 braccianti che ora sono impegnati nella raccolta di carciofi e asparagi. Con i cittadini bulgari i manifestanti hanno avuto un momento conviviale.

"Non vogliono essere sgomberati, come è già accaduto nel vicino ghetto di Rignano Garganico (dove a marzo in un incendio doloso sono morti due migranti) - spiega il sociologo Leonardo Palmisano - e, per questo, dicono di voler tornare in Bulgaria in autunno, dopo che sarà terminata la raccolta dei pomodori". "La richiesta che noi facciamo oggi - conclude Palmisano, sostenuto dal collega Marco Omizzolo - è di istituire un tavolo regionale per dare vita ad un presidio nazionale contro il caporalato".

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