sabato 30 giugno 2012
Fasce antisismiche al campanile di Santa Barbara. Nel mantovano una chiesa su tre è inagibile. Si è riusciti ad evitare che il campanile della basilica palatina collassasse sul palazzo Ducale.
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​«Il terremoto non si è fermato in Emilia Romagna. E neanche sul Po, che non sempre segna il confine tra l’Emilia e la Lombardia: molte località colpite al di là del fiume sono ancora in terra mantovana e lombarda». Il vescovo di Mantova, Roberto Busti, non usa giri di parole per denunciare il rischio che le aree a Nord dell’Emilia colpite dal sisma di fine maggio siano «dimenticate» nella ricostruzione e ieri è tornato a chiedere attenzione, di fronte ai vertici del Ministero dei beni culturali e dei Vigili del Fuoco che hanno presentato l’intervento di messa in sicurezza del campanile della basilica palatina dei Gonzaga, intitolata a Santa Barbara.Operazione di elevata complessità, al punto da essere considerata un progetto pilota, realizzata in tempi strettissimi dalla Sovrintendenza di Brescia e dai vigili del fuoco e finanziata dalla direzione regionale del Mibac: ha permesso di fasciare la sommità del campanile, la "ghirlanda", lesionata dalle scosse e dal crollo della lanterna sovrastante dopo lo spostamento di murature e colonne, che è stato provocato dalla violenza del sisma del 29 maggio. Ora la struttura è stata definitivamente assicurata con strutture tubolari, che garantiscono, a detta di Alberto Moretti (Università di Udine), una tenuta antisismica «superiore a quella prevista dalla normativa e sufficiente a evitare il crollo». Si pensa di riaprire Santa Barbara tra due settimane. Anche palazzo Ducale, parzialmente chiuso per sicurezza, tornerebbe visitabile.L’intervento illustrato ieri costituisce un unicum dal punto di vista ingegneristico ed è servito a scongiurare che il campanile di Santa Barbara collassasse sulla basilica, che è anche il pantheon dei Gonzaga, e su palazzo Ducale, entrambi patrimonio dell’umanità come tutto il centro storico della città. La messa in sicurezza di questo gioiellino, tuttavia, non esaurisce il problema del restauro dell’opera e dell’immenso patrimonio culturale e religioso che è inagibile dal giorno del sisma. «Il patrimonio storico-artistico di questa regione - ha commentato il direttore lombardo del Mibac, Caterina Bon Valsassina - coincide per l’80% con quello religioso, sono tutte chiese e conventi, questo è un fatto. È importante la collaborazione di tutti perchè anche nelle zone colpite della Lombardia arrivino degli aiuti concreti». Più esplicito monsignor Giancarlo Manzoli, rettore di Santa Barbara e responsabile dei beni culturali della diocesi: «cento chiese su trecento sono lesionate, due giorni di terremoto hanno provocato più danni di quanti se ne contassero nel ’48 dopo cinque anni di guerra».La diocesi mantovana conta una decina di chiese gravamente danneggiate o crollate, ma sono ben più numerosi gli edifici inagibili, le volte malmesse, le navate pericolanti... Lo Stato interviene subito, demolendo o mettendo in sicurezza, quando il danno mette a repentaglio l’incolumità dei cittadini. Per questo il campanile di Bondanello non esiste più e la torre campanaria di Galvagnina di Pegognaga potrebbe fare la stessa fine. Negli altri casi, deve pensarci la proprietà. Quasi sempre, si tratta di opere irrinunciabili per il territorio, oltre che per i fedeli. Mantova fu la culla del rinascimento -: oltre al Mantegna, sulle sponde del Mincio lavorarono Donatello, Leon Battista Alberti, Giulio Romano... Rubens, poi, era addirittura il "gallerista" del Duca di Mantova, il superconsulente del mecenate.«È ancora presto per fare una classifica - commenta monsignor Manzoli - ma i monumenti più danneggiati sono in realtà quelli settecenteschi, dove si espressero architetti, pittori e decoratori ticinesi». In quel periodo, questo era il fiorente Lombardo-Veneto di Maria Teresa, la quale a Mantova fondò l’Accademia virgiliana, e sostenne una nuova e importante fioritura artistica. «Che fu finanziata interamente dalla Chiesa - sottolinea il rettore di Santa Barbara - perchè gli edifici religiosi nascevano solo grazie alla generosità dei fedeli».Il rischio che si torni a quella stagione - con conseguenze facilmente ipotizzabili per una società in crisi - è concreto, dal momento che i fondi per ricostruire le chiese lesionate rappresentano una porzione ridottissima dei già risicati 2,5 miliardi stanziati dal governo per la ricostruzione. «In assenza di una legge speciale - conferma monsignor Manzoli - secondo l’attuale normativa tocca alla Chiesa riparare gli edifici religiosi, indipendentemente che essi abbiano anche un valore storico e che rappresentino una fonte di ricchezza per il territorio, attraverso il turismo».
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