sabato 22 dicembre 2018
Scontro a Palazzo Madama. Le opposizioni furibonde per il modo con il quale il governo ha modificato il testo originario. Ora tocca alla Camera
Il senato durante la discussione sulla manovra (Ansa)

Il senato durante la discussione sulla manovra (Ansa)

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È stata una giornata davvero tempestosa quella che in Senato ha portato nella notte alla fiducia al governo sulla manovra, che ora passa alla Camera. Il livello di scontro è stato altissimo. L'opposizione ha protestato con forza per il fatto che non ci sia stato il tempo, nemmeno in commissione, per analizzare e discutere il testo del maxi emendamento presentato dal governo che ha modificato in modo sostanziale la manovra.

La manovra "espansiva" annunciata dal governo ha perso per strada gli investimenti. Ovvero la voce che più avrebbe dovuto contribuire a sostenere un’economia in fase di rallentamento. Proprio mentre il Pil italano ha rivisto lo scorso trimestre il segno meno e a fronte della difficoltà di far ripartire le opere pubbliche – un gap italiano più volte denunciato dal ministro Giovanni Tria in questi mesi – nella nuova versione della legge di bilancio il maxi-fondo per gli investimenti del valore di 9 miliardi in tre anni è stato più che dimezzato a 3,6 miliardi.

Il taglio è particolarmente sostenuto nel 2019 con una dotazione di 740 milioni di euro a fronte dei 2.750 della versione originaria. Nel 2020 scende da 3 a 1,26 miliardi e nel 2021 a 1,6 miliardi dai 3,3 già previsti. In totale la sforbiciata arriva così a 5,4 miliardi nel triennio. Il colpo di freno è sottolineato anche dall’Ufficio parlamentare di Bilancio che, dopo le modifiche alla manovra concordate con la Commissione Ue, calcola nel solo 2019 una riduzione delle risorse di circa 2,4 miliardi. «Le variazioni introdotte nell’iter parlamentare hanno modificato la qualità della manovra determinando un’inversione di segno nell’effetto netto complessivo sulla spesa per investimenti e contributi agli investimenti nel prossimo anno: da un aumento di circa 1,4 miliardi inizialmente previsto si passa a una riduzione di circa un miliardo», afferma l’Ufficio che supervisiona i conti pubblici.

Palazzo Chigi però afferma che in realtà il taglio non sarà in realtà così impattante.

Il premier Guseppe Conte e lo stesso Tria hanno più volte sottolineato la necessità di rafforzare la spesa per le infrastrutture. Tanto che il governo ha pure deciso di istituire una nuova struttura centralizzata di progettazione a Palazzo Chigi. Poi è arrivata l’"inversione a U" per ridurre il deficit. Nel confronto con Bruxelles il saldo strutturale 2019 è stato ridotto di circa 10 miliardi di euro. Di questo sacrificio hanno risentito solo in parte i due provvedimenti bandiera di M5s e Lega - il reddito di cittadinanza e l’anticipo pensionstico di quota 100.

Il resto delle risorse è stato trovato soprattutto (circa 4 miliardi di euro) con la riduzione degli investimenti. Ovvero quel tipo di spesa pubblica che, secondo gli economisti, ha il maggiore impatto sulla crescita dell’economia. Oltre ai tagli dell’apposito Fondo ci sono quelli annunciati da Conte nella sua informativa in Senato di mercoledì scorso.

Uno spezzatino di interventi che prevede 800 milioni in meno al Fondo di coesione, quello destinato a ridurre gli squilibri socio-economici territoriali, 600 milioni in meno per le Ferrovie, 850 alle politiche comunitarie e 75 milioni del Fondo per la competitività. E ancora non basta perchè altri due miliardi vengono congelati come garanzia aggiuntiva del deficit, su richiesta di Bruxelles. Fondi, questi ultimi che fanno capo per oltre la metà dal ministro del’Economia (colpito con quasi 500 milioni euro il fondo per la competitività della imprese) ma anche alle Infrastrutture (bloccati 300 milioni per la mobilità locale), il Mise, la Difesa e l’Istruzione. Fermati anche 40 milioni destinati alla cooperazione allo sviluppo. Fondi che potranno essere scongelati negli ultimi mesi dell’anno. Ma solo se il previsto monitoraggio sul deficit avrà esito positivo. La manovra riduce poi il credito di imposta per gli investimenti privati in attività di ricerca e sviluppo.

Non a caso l’Upb parla di un «quadro di finanza pubblica» con «caratteri di transitorietà (per una serie di interventi una tantum) e di incertezza». La manovra è «meno espansiva» rispetto alla prima versione ma la stima di crescita (ridotta dall’1,5 all’1%) è ora «plausibile, pur presentando non trascurabili rischi di revisione al ribasso». L’aspetto positivo, dal punto di vista della stabilità dei conti, è il minore peggioramento del disavanzo. L’effetto è tuttavia temporaneo perchè dal 2020 a tenere in linea i conti sono le accresciute clausole di salvaguardia. «Senza gli aumenti dell’Iva previsti – afferma l’Ufficio – il deficit italiano nel 2020 e nel 2021 arriverà alla soglia limite del 3% «con evidenti rischi sulla sostenibilità futura della finanza pubblica».

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