sabato 29 settembre 2012
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​Stretta del ministro dell’Economia, Vittorio Grilli, sui manager pubblici implicati in vicende di corruzione. Con una lettera inviata ai vertici di Tesoro e Ragioneria dello Stato, Grilli ha fornito indicazioni chiare che puntano a mettere alla porta coloro che hanno guai con la giustizia, chiedendo indagini interne ma anche possibili revoche dagli incarichi e la richiesta di danni. Un’azione improntata su un doppio binario: rispetto delle regole etiche di un amministratore pubblico e tutela del patrimonio dello Stato.L’iniziativa nasce, come riporta la missiva stessa, dalle «recenti notizie di stampa sul presunto coinvolgimento in fatti penalmente rilevanti». Tra questi, secondo i "bene informati", vi sarebbe in particolare l’inchiesta della procura di Roma su una maxi-tangente da 500mila euro per l’acquisto di 40 autobus destinati alla Capitale che coinvolgerebbe, al momento come indagato, un top manager come l’amministratore delegato dell’ente (controllato al 90% dal Tesoro) Eur, Riccardo Mancini, che in passato avrebbe goduto dei favori di Grilli (Mancini ha però smentito il suo coinvolgimento nell’indagine, nonostante l’accusa di aver ottenuto l’incarico proprio per aver favorito quell’"affare"). Il ministro ha negato tuttavia riferimenti diretti: «La mia lettera non si riferisce a nessuno in particolare e a tutti in generale», ha detto interpellato dai giornalisti a Berlino – a margine di un incontro Aspen – in risposta a un eventuale collegamento invece alle vicende di Finmeccanica, il gruppo industriale di cui il Tesoro possiede il 30,2%. Quale che sia la causa scatenante, il ministro ha messo nero su bianco, nella lettera inviata al direttore generale del Tesoro, Vincenzo La Via, e al Ragioniere generale, Vittorio Canzio, le indicazioni che dovranno essere seguite d’ora in poi quando un manager incappa in un procedimento penale. Si tratta di una missiva dall’impatto pratico importante: il Tesoro gestisce l’immenso patrimonio pubblico e gli ispettori della Ragioneria sono spesso designati a rappresentare il governo nei Cda pubblici. La lettera auspica che i manager coinvolti facciano da soli un passo indietro. In ogni caso, il ministro scrive di reputare «opportuno» che «venga adottata, nell’esercizio dei poteri dell’azionista, ogni iniziativa affinché gli organi societari effettuino i dovuti approfondimenti istruttori, con il coinvolgimento delle strutture di <+corsivo>audit<+tondo> interno e degli organismi di vigilanza».Senza entrare nel merito dei poteri dei Cda di revocare le deleghe, il ministro dell’Economia chiede però, in presenza di «risultanze istruttorie» e di «comportamenti non rispondenti a lealtà, correttezza e trasparenza o di violazioni del codice etico», di verificare se ci siano «i presupposti» per la revoca della nomina da parte dell’assemblea dei soci. In pratica, se il manager non si dimette da solo o il Cda non gli toglie le deleghe, ci penserà lo stesso azionista-Tesoro a dare il benservito all’amministratore. Ma non basta. L’addio conterrà anche la verifica dell’«eventuale sussistenza dei presupposti» per la richiesta di rimborso dei danni provocati.
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