venerdì 17 settembre 2021
Il documento dei vescovi calabresi: la criminalità in questa terra esiste e ha volti, nomi e cognomi. Strumenti per le parrocchie e forme di aiuto a favore dei familiari innocenti delle vittime
Subito regole chiare per le processioni. «La composizione dell’elenco dei portatori sia frutto di discernimento. La presentazione previa alla polizia? È raccomandabile»

Subito regole chiare per le processioni. «La composizione dell’elenco dei portatori sia frutto di discernimento. La presentazione previa alla polizia? È raccomandabile» - Ansa

COMMENTA E CONDIVIDI

«Le mafie esistono in Calabria nonostante ogni dichiarazione contraria o omertosa. Hanno volti, nomi, cognomi, appoggi, collaborazione, silenzi conniventi... e, in tal modo, continuano a tessere una vera rete asfissiante». È la forte denuncia dei vescovi calabresi nel documento, appena pubblicato, 'No a ogni forma di mafie! Linee guida per un 'sentire e agire comuni' del clero, dei consacrati e dei fedeli laici delle Diocesi di Calabria'. I vescovi ribadiscono «chiaramente l’incompatibilità assoluta tra mafie e Vangelo, tra tutte le forme di mafie e l’essere cristiano».

E aggiungono: «Atti solamente esteriori di devozione, come il partecipare a processioni, pellegrinaggi, iniziative varie, o eventuali elargizioni generose e benefiche anche nei riguardi delle opere promosse dalla Chiesa, non assolvono nessuno dal peccato di mafia». Ma, avvertono, «talvolta le mafie trovano terreno fertile perfino in certuni contesti religiosi, laddove non sono rispettate le leggi dello Stato o, addirittura, per ottenere un proprio diritto o risolvere questioni personali, si conti- nuano a chiedere interventi a persone legate alle mafie». Ecco, dunque, il motivo delle Linee guida, per «offrire uno strumento operativo comune, per coltivare senza posa l’azione corale del rinnovato annuncio della forza del Vangelo in vista della conversione dei mafiosi e dei corrotti». Molte le indicazione pratiche contenute nelle Linee guida. Così «ogni Parrocchia attivi, anche mediante una rete di coordinamento interparrocchiale e/o diocesano, opportune forme di aiuto e di sostegno a favore dei familiari innocenti di vittime della mafia, in particolare donne, minori e giovani. Si cerchi, mediante l’azione di laici qualificati, la possibilità di utilizzare i beni confiscati alle mafie per creare, a imitazione di realizzazioni già riuscite, cooperative produttive finalizzate a sostenere i nuclei familiari che, avendo persone in carcere di cui non condividono le scelte, versano nel bisogno».

Si passa poi al tema della scelta delle madrine e dei padrini, che la ’ndrangheta, «fondando la sua forza sui legami familiari, ha trasformato talvolta in un’occasione per allargare i legami perversi di 'famiglia criminale' ». Per questo «non possono essere ammesse le persone notoriamente irreligiose o che provocano scandalo, in particolare quelle condannate per mafia (con sentenza passata in giudicato o che non abbiano finito di scontare la pena) e, soprattutto, che non abbiano dato nessun segno di resipiscenza o di vera conversione». Per quanto riguarda le processioni «la composizione dell’elenco dei portatori sia frutto di un preciso e attento discernimento comunitario, che elimini in partenza motivi di criticità in ordine alla condotta dei singoli. La presentazione previa degli elenchi alle autorità di Polizia è raccomandabile per l’esclusione di eventuali soggetti in odore di ’ndrangheta». Vietati i famosi 'inchini'. C’è poi l’altro delicato tema dei funerali.

La Chiesa non nega «il conforto delle esequie» neanche ai mafiosi «da celebrare, tuttavia, in forma semplice, senza pomposità, tripudio di fiori, canti, musiche e commemorazioni, ammettendo esclusivamente i familiari stretti e, se necessario e richiesto per motivi di ordine pubblico, a porte chiuse». Infine si invitano le Curie a istituire «un’apposita Commissione diocesana per l’attuazione di queste Linee guida» all’interno della quale «operi uno 'sportello di advocacy', al quale indirizzare le segnalazioni e le denunce di violazioni dei diritti, illegalità, soprusi, estorsioni, perché poi attivi interventi giuridici e 'politici' di tutela ed accompagnamento delle persone più deboli». Ma che organizzi anche «il servizio di sostegno alle vittime della mafia e della criminalità » colmando «la sensazione di vuoto, di isolamento dei loro familiari e degli imprenditori sotto attacco estorsivo e/o minacce dei mafiosi ». Promuovendo «forme di consumo critico e solidale nei confronti degli imprenditori e commercianti che hanno denunciato il racket e si rifiutano di pagare il pizzo».

© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI

ARGOMENTI: