martedì 11 dicembre 2018
Le motivazioni della sentenza d'appello sul "mondo di mezzo" di Buzzi e Carminati: fu vera mafia
«Mafia capitale, un sistema di corruzione e intimidazione»
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"Ai fini della sussistenza del delitto di associazione mafiosa, non è rilevante né il numero modesto delle vittime (che il tribunale ha indicato nel numero di 11) né il limitato contesto relazionale e territoriale. Non può escludersi il carattere mafioso della nuova associazione perché non sono elementi costitutivi di tale elemento né il controllo generale del territorio né una generalizzata condizione di assoggettamento e omertà della collettività. Nella associazione Carminati conferì la sua forza di intimidazione e Buzzi conferì l'organizzazione delle cooperative e il collaudato sistema di corruttela e prevaricazione".

Lo scrivono i giudici nelle motivazioni della sentenza di appello del processo a Mafia Capitale che lo scorso 11 settembre ha ribaltato la decisione presa in primo grado, riconoscendo il reato di associazione a delinquere di stampo mafioso e condannando fra l'altro l'ex terrorista dei Nar Massimo Carminati e il ras delle coop romane, Salvatore Buzzi, rispettivamente a 14 anni e mezzo e a 18 anni e 4 mesi.

Secondo i magistrati, "Carminati e Buzzi ebbero contatti ed esercitarono pressione per le nomine e i posti chiave dell'amministrazione Capitolina, avendo interesse alla elezione e alla collocazione di soggetti affidabili nei ruoli decisionali". "Gli interventi per posizionare in ruoli strategici persone gradite - si legge ancora nel documento - sono significativi della forza prevaricatrice dell'associazione nei confronti dei pubblici amministratori, mentre l'eliminazione dei personaggi scomodi e non graditi è una forma di prevaricazione esercitata anche nei confronti degli imprenditori".


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