sabato 28 novembre 2015
​La crisi economica ha inciso anche sulle nasciate. I dati Istat: crollo inarrestabile delle culle. Il Sud più prolifico. (Massimo Calvi)
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A novembre la fiducia dei consumatori italiani è salita al livello più alto dal 1995, cioè da quando viene calcolato l’indice. Un buon segno per le speranze di ripresa.  Purtroppo un altro indicatore di fiducia, in realtà molto più importante del primo, è crollato: quello delle nascite di bambini. Lo scorso anno sono stati registrati all’anagrafe 502.596 bimbi, 12.000 in meno rispetto al 2013. È un nuovo minimo storico. Il calo della natalità in Italia dura da tempo e al punto cui è giunto produrrà conseguenze serie negli anni a venire. Le donne in età riproduttiva sono sempre di meno, il tasso di fecondità è sceso a 1,37 figli per donna (dagli 1,39 precedenti), sale ancora l’età in cui si mette al mondo un figlio. Su 100 bambini, 8 nascono da donne con più di 40 anni, solo uno ha una mamma sotto i 25. Considerata la caduta della fecondità femminile dopo i 35 anni significa che per ogni mamma 40enne ci sono almeno due donne che non sono riuscite a mettere al mondo il figlio che desideravano. La crisi economica e il contesto di incertezza hanno inciso in modo netto nel condurci in questo inverno demografico che sembra non avere fine, anche perché in questi anni è mancata del tutto una politica di sostegno e di promozione culturale della natalità, oltre che di aiuto economico a chi diventa genitore.  È una visione di corto periodo che arriva da lontano, ma che sta presentando il suo conto pesantissimo oggi. I 'consumatori' possono decidere di spendere di più questo mese o fare ancora meglio il prossimo, ma c’è un momento in cui il loro numero e soprattutto la loro età diventano un ostacolo insormontabile a ogni prospettiva di sviluppo o quantomeno di tenuta sociale. L’Italia è un Paese anziano, dal quale se ne vanno i giovani, che interessa sempre meno agli stranieri, disertato persino dalle cicogne. Se la fiducia nel futuro si misura da questo, dovremmo impegnarci a fare molto di più.
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