sabato 28 luglio 2018
Il tunnel della linea ferroviaria è un’opera da 8,6 miliardi di euro. La sicurezza dei cantieri costa 400 milioni. Dalla Ue il 50% dei finanziamenti. Finora già spesi 1.400 milioni
Ecco quanto ci costerebbe lo stop alla Tav
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Hanno preso il vizio di chiamarla Tav, ma quella linea ferroviaria al centro di tante reiterate polemiche, la Torino- Lione, andrebbe più correttamente riportata al contesto di Telt, Tunnel Euralpin Lyon Turin, una tratta ferroviaria merci e passeggeri che si estende per 270 km, di cui il 70% in Francia e il 30% in Italia ed è l’anello centrale del Corridoio Mediterraneo, uno dei 9 assi della rete di trasporto europea Ten-T che si sviluppa per 3.000 km connettendo tra loro da Est a Ovest 7 corridoi Ue.

L’infrastruttura

Una vera e propria alta capacità, come si diceva ai primordi delle linee ferroviarie veloci, dove oggi viene costruita la sezione transfrontaliera di 65 km che è compresa tra Susa e Saint-Jean-de Maurienne in Francia. Per l’89% è in sotterranea salvaguardando così l’impatto ambientale. La struttura principale è il tunnel di base del Moncenisio, a doppia canna di 57,5 km – dei quali 45 in territorio francese – che collega le stazioni di Saint-Jean-de-Maurienne e di Su- sa, da cui si connette con la linea esistente. Una galleria di base che a distanza di 150 anni dall’inaugurazione del tunnel del Frejus – ardita opera ingegneristica di ferrovia di montagna – che trasforma la tratta in una linea di pianura permettendo ai treni merci l’utilizzo di una sola locomotiva e il transito dei treni del futuro con volumetrie maggiori.

Il progetto

Va ricordato che la configurazione della sezione transfrontaliera in Italia è il risultato di una progettazione partecipata tra enti locali confluiti nell’Osservatorio sulla Torino- Lione, istituito dal governo nel 2006 dopo le proteste contro il primo tracciato. Vennero analizzate 10 alternative di percorso e nel 2013 si giunse al tracciato definitivo, progetto approvato nel 2015. Ma se in Italia – ricordando che il primo, dei quattro, accordo internazionale per la realizzazione dell’opera risale al 2001 – il cantiere di Chiomonte per il tunnel diagnostico di circa 7 km è stato avviato nel 2012, in Francia tra il 2002 e il 2010 sono state realizzate 3 discenderie per un totale di 9 km e si lavora al tunnel diagnostico di 9 km realizzato al 50%. Francia che a metà maggio ha dato il via libera ai finanziamenti della sezione transfrontaliera.

Il respiro europeo

Un’opera, pertanto, non solo piemontese – in una Regione che in queste ore alza l’asticella delle proteste per il rischio del mancato completamente dell’autostrada Asti-Cuneo – ma dal respiro europeo la cui mancata realizzazione avrebbe ricadute pesanti sulla trasportistica dei corridoi Ten-T. Si tratta di un enorme cantiere nel quale sono già stati investiti oltre 1,4 miliardi in studi, progetti ed opere. Che, non andrebbe dimenticato, sono finanziate al 50% dall’Ue e per la restante parte suddivisa al 25% tra Roma e Parigi. Questo aspetto è tutt’altro che marginale e potrebbe avere un peso devastante sull’eventuale rinuncia e non solo perché la sospensione definitiva dei lavori costituirebbe un precedente nuovo nelle relazioni europee ma, in moneta sonante, perché avrebbe costi enormi traducibili, come già indicato dal presidente dell’Osservatorio per l’Asse ferroviario Torino-Lione, Paolo Foietta, in un costo diretto complessivo da restituire all’Ue e alla Francia superiore a 2 miliardi di euro. Ai quali andrebbero aggiunti altri costi indiretti tuttora da valutare.

E senza dimenticare che per tutelare dai contestatori un’opera dal costo certificato di 8,6 miliardi di euro vengono spesi 400 milioni di euro per la sicurezza dei cantieri. E senza dimenticare l’aspetto dell’occupazione: oggi vi lavorano quasi 800 persone ma a pieno regime si arriverebbe a 4mila, con altissima presenza di 'indigeni'. E senza dimenticare che lo scenario della chiusura dei cantieri vorrebbe dire che l’Italia avrebbe valichi con la Francia fondamentalmente autostradali – tra l’altro nel 2019 dovrebbe essere aperta la seconda canna autostradale del traforo del Frejus senza proteste degli ambientalisti – visti i limiti infrastrutturali dei due ferroviari, Ventimiglia e Frejus, contraddicendo gli accordi internazionali di trasferimento modale da strada e ferrovia a tutela dell’ambiente, la cosiddetta Convenzione delle Alpi del 2011. E questo stride col fatto che nel resto delle Alpi si stanno realizzando nuovi tunnel ferroviari alpini, 7 tra Svizzera e Austria, con tunnel di base analoghi a quello che dovrebbe essere il futuro Moncenisio.

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