mercoledì 15 dicembre 2010
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Sembra persino spazientito il leader dell’Udc Pier Ferdinando Casini da tanta attenzione da parte di Berlusconi e persino di Bossi. E dalle decine di telefonate dei giornalisti che gli chiedono se davvero è pronto a imbarcarsi in una nuova avventura al fianco del Cavaliere. Chi era presente al siparietto tra lui e il premier, ieri mattina, nell’aula di Montecitorio racconta questo scambio significativo di battute. Casini: «Silvio, hai ricevuto la fiducia alla Camera e al Senato. Sei blindato. Io non ti frego. Vai al Quirinale e dimettiti e apriamo una nuova fase». E il Cavaliere, scuotendo la testa: «Sono stato eletto dal popolo. Se mi dimettessi sarebbe un tradimento». Ma la scena del colloquio non è sfuggita ai giornalisti. Casini ha subito profetizzato: «Diranno di tutto e io non voglio finire nel tritacarne». Così, verso le 18 di ieri, convoca nella sede del gruppo della Camera una insolita conferenza stampa in cui lui, solitamente molto loquace e disponibile, legge ai giornalisti poche righe. Che rilegge e ripete a ogni domanda dei cronisti. Il leader centrista scandisce: «Per dar vita a un governo di responsabilità più ampio, abbiamo chiesto a Berlusconi di dimettersi prima o dopo il voto della Camera. Ha ritenuto di non ascoltare il nostro consiglio. Peraltro ha ottenuto la fiducia che voleva per tre voti e ora ha solo il dovere di governare». Poi aggiunge: «Se non sarà in grado di farlo si è lasciata aperta solo una strada: costringere irresponsabilmente il Paese alle elezioni. Sia chiaro che in quel caso siamo pronti a presentare agli italiani una proposta di governo alternativa al Pdl e al Pd». La domanda arriva subito: andrà anche con Fini? «Sì, certo,  con Fini – risponde Casini prima di allontanarsi di corsa – e con gli altri firmatari della mozione di sfiducia». Peccato che sia andato via prima di commentare la nuova offerta di Berlusconi che ha appena parlato di possibile crisi pilotata. Risponde, però, Rocco Buttiglione. Con aria sorniona: «Se si dimette... Allora se ne può parlare». Ma Roberto Rao, vicinissimo a Casini, aggiunge: «Noi siamo rispettosi della Costituzione e delle prerogative del capo dello Stato». Come dire, insomma, che in caso di crisi, il nome del premier lo deciderà Napolitano. Ci sarà il dialogo? Possibile. Ma non è certo cosa di ore e nemmeno di giorni. Casini ha confermato proprio ieri il suo viaggio natalizio alle Maldive. Come dire, insomma, che fino alla fine delle vacanze non ha intenzione di sentire nessuno. Anche dall’altra parte della barricata, il vicepresidente del gruppo del Pdl al Senato, Gaetano Quagliariello, conferma l’offerta di Berlusconi all’Udc. Ma aggiunge: «Servirebbe una pausa di riflessione», paventando possibili imboscate parlamentari.Lo scontro è stato duro. E i feriti si contano da una parte e dall’altra.  Savino Pezzotta, ex leader della Cisl e testa pensante dell’Udc, spiega in disparte: «Ritengo che sia una follia e un controsenso rispetto a quanto fatto in questi due anni andare in soccorso di un "politicamente" moribondo», alludendo a Berlusconi. E Renzo Lusetti, parlamentare di lungo corso da poco approdato all’Udc, dice: «È vero che in politica non si deve mai dire mai... Ma oggi vedo difficile dopo quello che Casini ha detto in aula che si possa accettare l’invito di Berlusconi facendo finta di nulla». Piuttosto, per l’immediato, c’è da valutare lo stato dei rapporti con Gianfranco Fini. Gli uomini di Casini e Cesa non nascondono in privato la loro delusione per lo sfaldamento del gruppo di Fli. «I nostri sono stati compatti», dicono. E raccontano di quando, al momento di raccogliere tutte le firme della mozione, un deputato centrista abbia detto con un po’ di eccitazione: «Abbiamo i numeri, Berlusconi dovrà dimettersi». Casini gli ha fatto cenno di non continuare e dopo, in separata sede, gli ha spiegato: «Sui miei metto la mano sul fuoco, sugli altri no». Comunque, spiega Enzo Carra, «nel momento in cui il Pdl spinge sulle dimissioni di Fini, il nostro dovere è quello di difenderlo».
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