venerdì 14 dicembre 2018
L'economista propone a Lega e 5 Stelle due correzioni: far lavorare nella Pubblica amministrazione chi prende il reddito di cittadinanza e spostare la spesa per 'quota 100' sugli investimenti pubblici
L?economista Gustavo Piga, ordinario di Economia politica all'Università di Roma Tor Vergata (Foto Facebook)

L?economista Gustavo Piga, ordinario di Economia politica all'Università di Roma Tor Vergata (Foto Facebook)

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Secondo Gustavo Piga, professore di Politica economica all’Università di Roma Tor Vergata, la manovra italiana nonostante il deficit ridimensionato rispetto ai piani iniziali rappresenta comunque un «cambiamento epocale, perché per la prima volta dopo la crisi qualcuno dimostra all’Europa che si può fare politica fiscale in un modo diverso».

In che cosa consiste questa diversità?

Rispetto al Def che avevano presentato in aprile Padoan e Gentiloni, questo governo ha liberato 70 miliardi di euro di risorse in tre anni. Sarebbero stati di più con un deficit al 2,4%, ma l’ammontare complessivo resta clamoroso. Poi l’Italia è il primo paese all’interno del Fiscal Compact che non propone un bilancio in pareggio nel giro di tre anni e in questo è coerente con il Parlamento europeo, che ha detto “no” a inserire il patto fiscale nei trattati.

La protesta dei gilet gialli ha spinto anche Macron a stravolgere la strategia e lanciarsi in una manovra in forte deficit.

Gli eventi francesi dimostrano che quest’Europa ha pensato troppo alla crescita a troppo poco alla solidarietà verso i più deboli, che è invece una delle questioni fondative dell’Unione Europea. Semplificando un po’ possiamo dire che l’Italia ha presentato una manovra che affronta solo il problema della redistribuzione e non quello della crescita, mentre la Francia ha pensato solo alla crescita e adesso deve invece correggersi per ragionare anche di solidarietà. E invece ovviamente la via giusta sta in mezzo: bisogna pensare a come fare crescere la “torta” e, nello stesso tempo, a come distribuirla equamente.

Come correggere la manovra italiana in direzione della crescita?

Io penso si possa intervenire su due assi portanti: il reddito di cittadinanza e le imprese. Sul reddito perché non pensare a qualcosa come il New Deal di Franklin Delano Roosevelt dopo la crisi del ‘29? Mettiamo a disposizione mille euro al mese per i giovani in difficoltà, ma in cambio di lavoro nei gangli della pubblica amministrazione.

Un grande piano di assunzione degli statali?

No, penso a contratti a termine per diverse attività nella pubblica amministrazione: da pulire i parchi a fare le guide turistiche, dai musei ai tribunali, nelle scuole a supporto dei ragazzi… dovunque c’è bisogno di forze fresche. Lo Stato italiano oggi ha meno dipendenti pubblici rispetto alla media europea, ma la loro età media è molto elevata e quindi c’è bisogno di forze fresche. Penso a contratti a termine, perché l’obiettivo è ridare motivazione a questi ragazzi, ridargli sicurezza facendoli di nuovo sentire utili. È quello che hanno fatto in America con il New Deal: se motivi chi è senza lavoro, poi spicca il volo da solo.

E qual è il piano per le imprese?

Qui non capisco perché la Lega, che ha dietro un esercito di piccole e medie imprese, non capisca che invece di dedicare risorse alle pensioni potrebbe dirottare quei fondi verso gli appalti pubblici, che sono un potente volano di crescita. Anche qui c’è l’imbarazzo della scelta: abbiamo un Paese pieno di strade da rifare, scuole da mettere a posto, edilizia che deve essere adeguata alle norme di sicurezza. Usiamo i soldi per questo, con lavori da mettere a gara tra le pmi.

Però perderebbero consenso tra gli aspiranti pensionati.

Si sottovaluta la forza del patto generazionale nel nostro Paese. In Italia nonni, genitori e figli si preoccupano l’uno dell’altro, sbaglia chi teme che gli anziani si arrabbino se vedono che le risorse si spostano verso l’aiuto ai giovani, che sono la categoria più in difficoltà.

Ma secondo lei le previsioni di crescita del Pil indicate dal governo sono credibili?

Con un reddito di cittadinanza che da trasferimento si trasforma in strumento che spinge verso il lavoro e con appalti pubblici che danno da lavorare alle piccole e medie imprese invece quella crescita potrebbe anche essere raggiunta. © RIPRODUZIONE RISERVATA

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