venerdì 13 maggio 2016
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Dopo Livorno, ecco la grana Parma. Così, nel giro di cinque giorni, i due sindaci dei Comuni più grandi amministrati dal Movimento 5 Stelle finiscono sotto inchiesta. Sabato scorso è arrivato l’avviso di garanzia a Filippo Nogarin legato alla richiesta di concordato per la municipa-lizzata per la gestione dei rifiuti (Aamps), adesso è il turno di Federico Pizzarotti. Il primo cittadino dell’ente emiliano è indagato per abuso d’ufficio per la nomina di Anna Maria Meo a direttore generale del Teatro Regio e di Barbara Minghetti a consulente per lo sviluppo e i progetti speciali. Assieme a lui, accusati dello stesso reato anche l’assessore alla Cultura, Maria Laura Ferraris, e tre membri del consiglio di amministrazione della Fondazione Teatro Regio all’epoca della nomina, nel gennaio 2015, ovvero Giuseppe Albenzio, Silvio Grimaldeschi e Marco Alberto Valenti. Il fascicolo fu aperto in autunno, dopo gli esposti del senatore Pd Giorgio Pagliari. Gli inquirenti accerteranno eventuali irregolarità nell’iter di nomina, dopo un bando che aveva coinvolto sette candidati e si era concluso senza esito. Pizzarotti affida a un messaggio su Facebook la sua prima reazione, in cui manifesta serenità: «Sono tranquillo perché è un atto dovuto a seguito degli esposti del Pd. Sarà utile per chiarire la vicenda, con la procura avremo il consueto atteggiamento collaborativo. Dico sin d’ora che non entrerò nella polemica politica dei botta e risposta, non utile a chiarire ma solo a confondere i cittadini e allontanarli dalla politica. Andiamo avanti, il mio impegno continua senza esitazione». Balzano all’occhio immediatamente sfumature diverse tra le parole del sindaco di Parma e quelle pronunciate a caldo dal suo collega di Livorno. Se Nogarin fin da subito ha messo sul piatto le sue dimissioni, Pizzarotti non fa alcun accenno all’eventualità di lasciare l’incarico. Ma è impossibile non notare anche una netta differenza nella reazione dei vertici dei Cinque Stelle ai due casi. Del resto, mentre Nogarin è considerato un 'soldato fedele', Pizzarotti al contrario è diventato ormai da almeno due anni una 'voce critica'. A esprimere sostegno e fiducia al primo, ad esempio, è stato Beppe Grillo in persona, con una telefonata in cui ha tranquillizzato il diretto interessato («Non preoccuparti, siamo con te»). Stavolta, invece, sullo smartphone di Pizzarotti non c’è traccia di una chiamata del comico genovese. E a non escludere un allontanamento del sindaco emiliano in caso di condotta contraria alle regole interne al M5S, ci pensa Roberto Fico. «Il sindaco di Parma è indagato per aver nominato il direttore del Teatro Regio, cosa che è nelle sue prerogative. La magistratura sta verificando se ha seguito correttamente la procedura – sostiene il membro del direttorio –. Come sempre, se dovesse emergere una condotta contraria alla legge e ai princìpi del Movimento 5 Stelle, chiederemo un passo indietro. Come in tutti gli altri casi». Si prova a mostrare uniformità, insomma. Ma – salvo l’appoggio del M5S locale che si schiera al suo fianco – Pizzarotti non sembra proprio ricevere lo stesso livello di 'solidarietà' riservato a Nogarin. Anche la candidata a sindaco di Roma, Virginia Raggi, non si sbilancia: «Sulle dimissioni deciderà lui». Poi aggiunge: «Basta avvisi di garanzia come manganelli contro di noi». Dichiarazioni che suscitano inevitabilmente la dura replica del Pd. «Il senso del ridicolo, questo sconosciuto», commenta su Twitter il presidente dem, Matteo Orfini. «Siamo curiosi di sentire Di Maio e compagnia - afferma il deputato del Pd, Andrea Romano -. Noi siamo e rimaniamo garantisti, ma il problema sono i Cinque Stelle con la loro doppia morale». Sulla vicenda, dal salotto di Porta a Porta, interviene pure Matteo Renzi: «Pizzarotti ha preso un avviso di garanzia, che non è una sentenza di condanna », sottolinea il premier, invitando a non strumentalizzare e ribadendo il suo 'sì' alla giustizia, ma il 'no' al giustizialismo. In chiusura, però, il presidente del Consiglio evidenzia il cambio di linea dei pentastellati a seconda del colore politico dell’indagato di turno: «Grillo diceva che loro erano gli unici onesti, Di Maio che in cinque minuti si dimettevano, ora che tocca a loro siamo ai cinque minuti più lunghi della storia. Se per gli altri c’è la questione morale, per loro c’è la 'questione umorale', che dipende da come si sveglia Grillo o il figlio di Casaleggio». © RIPRODUZIONE RISERVATA Il sindaco di Parma Federico Pizzarotti
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