martedì 18 luglio 2017
«Sbagliato già il nome, è più giusto puntare sullo ius culturae. Non è una questione politica. Ma ora ci sono spazi per costruire il Ppe italiano, con Fi e Udc»
«Giusto fermarsi ma non esulto»
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Non si sente "colpevole", Maurizio Lupi. E ha anche poca voglia di "esultare" per la decisione di Gentiloni e del Pd di accogliere la richiesta di Alternativa popolare e rinviare all’autunno l’esame dello ius soli temperato. «Non c’è nulla da essere soddisfatti. Non avevamo l’obiettivo di vincere una battaglia contro qualcuno, ma di sottrarre un tema delicato e importante ad uno scontro gretto tra chi voleva mettersi una medaglia al petto e chi invece voleva cavalcare la paura dell’invasione».

Questi sono ragionamenti politici. Come la mettiamo con tanti pezzi di società civile e di mondo cattolico che, semplicemente, ritenevano giusto questo provvedimento?
Se ci sono parti del mondo cattolico che sono a disagio, me ne dispiace. Vuol dire che è anche colpa nostra, non abbiamo spiegato bene la nostra posizione. Ci riprovo, se serve: due anni fa abbiamo approvato il testo alla Camera in un clima totalmente diverso. Oggi il contesto è mutato: ci sono, lo vede anche lei, territori tradizionalmente ospitali che alzano le barricate. Quando c’è un contenuto giusto intrappolato in un metodo sbagliato, bisogna avere il coraggio di fermarsi.

Per metodo sbagliato intende la possibilità che venisse posta la questione di fiducia?
La fiducia, ma non solo. Quando parlo di errori, parto già dal nome, ius soli: l’idea che bastasse abitare qui per diventare cittadini. La legge prevede lo ius soli, ma soprattutto lo ius culturae, legando la cittadinanza anche al ciclo di studi. Se sbagli a partire dal nome, è facile che poi la destra populista vada a sollecitare le paure delle popolazioni.

Chi e come ha fatto questo errore?La sinistra, che ha considerato questa legge una medaglietta da mettersi al petto. E questo è sempre un modo sbagliato di affrontare certi temi.

Per sinistra intende anche Renzi?
Sì. Il segretario del Pd deve comprendere che non tutto si ottiene con strattonate e forzature. E soprattutto, non sempre è possibile perseguire una strategia "win-win" del tipo "se passa la legge, è un mio risultato; se non passa, si va a votare". Non funziona sempre così, specie se il governo non è un monocolore del tuo partito. Il dialogo e l’ascolto servono: Renzi avrebbe dovuto capirlo già con il referendum costituzionale.

Obietto che, con Renzi premier, fu messa la fiducia sulle unioni civili e la votaste…
Su quel testo è stata fatta una pesante mediazione, con lo stralcio dell’adozione e con una posizione del governo e della maggioranza contro l’utero in affitto. C’è stato un compromesso, siamo stati ascoltati e quindi, di conseguenza, abbiamo votato la fiducia. Come vede, il metodo è stato diverso.

Gentiloni ha invece ascoltato la vostra posizione sino ad adottarla…
Il premier in carica è molto consapevole di essere il presidente del Consiglio di tutta la maggioranza, e non solo di una parte.

Per tornare sul punto: questo rinvio è un addio allo ius soli temperato?
A sei mesi dalla fine della legislatura si porta avanti ciò che è condiviso. Sicuramente noi non accettiamo che venga posta la questione di fiducia e chiediamo un correttivo: non può accadere che il minore è cittadino, mentre la famiglia è ancora straniera. La cittadinanza non è un mero fatto individuale.

Ciò porta sul binario morto, perché con altre correzioni si torna alla Camera e poi la legislatura finisce…
Se non si fa in questi sei mesi, si farà nella prossima legislatura. Nel nostro programma c’è lo ius culturae, è nel programma di numerose forze politiche. Dobbiamo avere la capacità di spiegarci meglio con il Paese.

La posizione di Ap fa da apripista ad un nuovo dialogo con Berlusconi?
Se c’è una cosa di cui mi vanto, è che in questi quattro anni non abbiamo mai affrontato alcun argomento con la logica del ricatto. Quindi la legge sulla cittadinanza non c’entra con i ragionamenti politici della nostra area. Nel merito, credo che bisogna vedere se ci sono spazi seri per costruire, con Forza Italia e Udc, il Ppe italiano, un partito moderato e liberal-popolare che serve come il pane.

Per andare a negoziare con più forza con la Lega?
Uniti si può vincere, ma poi si deve governare. Il nostro problema non è rincorrere la Lega, ma costruire un progetto credibile e serio. Se il progetto è fondato, poi, certo, saremo anche più forti nel dialogo con la Lega.

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