giovedì 24 dicembre 2020
L’arrivo della macchina per cucire ha significato una nuova vita per la signora. «Eravamo nel pieno della pandemia, le mascherine erano introvabili e così ho pensato di rendermi utile cucendole».
Questa donna quasi novantenne, infatti, non è certo vittima del gap generazionale: abituata alla tecnologia, gestisce un profilo Facebook e ora ambisce ad Instagram, per mostrare le foto dei suoi lavori. «Ho molte richieste, rifornisco un’intera parrocchia bolognese, ad esempio. Non stacco mai le mani dalla macchina da cucire e sono felice. Mi sento utile alla società anche dalla casa di riposo». La pandemia, a 89 anni, le ha regalato una seconda giovinezza.

Questa donna quasi novantenne, infatti, non è certo vittima del gap generazionale: abituata alla tecnologia, gestisce un profilo Facebook e ora ambisce ad Instagram, per mostrare le foto dei suoi lavori. «Ho molte richieste, rifornisco un’intera parrocchia bolognese, ad esempio. Non stacco mai le mani dalla macchina da cucire e sono felice. Mi sento utile alla società anche dalla casa di riposo». La pandemia, a 89 anni, le ha regalato una seconda giovinezza.

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Luisa ha 89 anni, 74 dei quali passati a cucire. Fare la sarta è sempre stato il suo sogno, fin da ragazzina. Nel mezzo ci sono state una guerra mondiale e una pandemia, che «sono terribili entrambe», dice Luisa.

La prima l’ha vissuta da adolescente. «Il nemico, in quel caso, era visibile. Avevo paura, ma c’erano relazioni umane vive e vitali. E proprio da sfollata ho imparato il mestiere della mia vita» racconta. Il virus è un nemico più subdolo. «Invece di unire, divide, separa, ci tiene lontani. Non ho paura della morte, è un evento naturale. Ma di morire da sola, questo sì» dice Luisa, che è ospite dall’ottobre 2019 di una residenza per anziani che si trova alle porte di Bologna, gestita dalla cooperativa sociale Cadiai. Si trova bene, Luisa, ma la lontananza della famiglia, l’aver lasciato la sua casa, inizialmente le pesavano molto.

Le giornate scorrevano un po’ tutte uguali, Luisa era giù di morale, così il figlio ha una felice intuizione: con la collaborazione di Laura Annella, psicologa della struttura, le fa avere la sua macchina da cucire. «Abbiamo fatto un’eccezione per lei, ma l’abbiamo vista rinascere: con la sua macchina a disposizione, Luisa è tornata in piena forma, nonostante l’isolamento» spiega la psicologa.

Sono state due le quarantene che l’anziana ha affrontato. La seconda è stata una scelta consapevole, fatta pur di poter uscire dalla struttura un’intera giornata, per festeggiare i nove anni dell’adorata nipotina, con cui c’è un rapporto di profondo affetto.

«Inizialmente mi sono resa disponibile ad aggiustare gli abiti di ospiti e personale, ma il lavoro scarseggiava» racconta Luisa, che, senz’altro, non è abituata a star ferma.

Infatti, la signora ha un passato di imprenditrice, in un’epoca in cui non era certamente frequente che una donna, mamma, giovane vedova, come era lei, fosse in grado di guidare un’azienda da 35 dipendenti, tutte donne. «Iniziai con la commessa di un famoso marchio d’alta moda e assunsi la prima collaboratrice. In pochi anni, le grandi firme che ricorrevano a noi si erano moltiplicate e, con loro, le dipendenti». La crisi del mercato, il ricorso a manodopera estera, l’avvento della tecnologia hanno costretto Luisa a chiudere l’attività, ma la sartoria è rimasto il suo mestiere, fino all’anno scorso. Poi, il ricovero e lo stop forzato.

L’arrivo della macchina da cucire ha significato una nuova vita per la signora. «Eravamo nel pieno della pandemia, le mascherine erano introvabili e così ho pensato di rendermi utile cucendole». Una sua vecchia fornitrice le ha donato metri di stoffa. «Ormai ho un ampio repertorio di modelli. Le lavoro anche col ferretto interno, a triplo strato, con lo spazio per il filtro» spiega la sarta che, per le sue creazioni, parte dal cartamodello fatto da lei. «Certamente non avevo mai cucito mascherine – racconta –. Per imparare ho guardato tantissimi tutorial su YouTube, alcuni molte volte, finché non ho capito bene come fare. Adesso ne cucio persino in taglie diverse, anche per bambini».

Questa donna quasi novantenne, infatti, non è certo vittima del gap generazionale: abituata alla tecnologia, gestisce un profilo Facebook e ora ambisce ad Instagram, per mostrare le foto dei suoi lavori. «Ho molte richieste, rifornisco un’intera parrocchia bolognese, ad esempio. Non stacco mai le mani dalla macchina da cucire e sono felice. Mi sento utile alla società anche dalla casa di riposo». La pandemia, a 89 anni, le ha regalato una seconda giovinezza.


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