sabato 18 marzo 2017
Creazzo: il cambiamento? Viene proprio dalla base e dalle agenzie educative, tra le quali ovviamente la Chiesa occupa un posto di assoluto rilievo
«Locri, la marcia darà la svolta Basta accordi con la 'ndrangheta»
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«La Giornata della memoria e dell’impegno a Locri è molto importante per ricordare proprio in quel luogo tante persone che nei decenni scorsi hanno provato a ribellarsi alla ’ndrangheta e sono state barbaramente uccise, senza purtroppo provocare per troppo tempo un’adeguata reazione dello Stato». Così riflette sull’appuntamento del 21 marzo il procuratore di Firenze, Giuseppe Creazzo, calabrese e per tanti anni pm in prima linea nella lotta alla ’ndrangheta, il magistrato che ha scoperto i responsabili dell’omicidio del presidente della regione Calabria, Francesco Fortugno, proprio qui a Locri il 16 ottobre 2005. Un drammatico fatto che, sottolinea il procuratore, assieme alla strage di Duisburg, «ha rappresentato uno spartiacque dopo il quale lo Stato ha finalmente capito che qui bisogna mandare gIi uomini migliori per la repressione». Per questo, insiste, «è importante fare memoria di chi ha pagato con la vita, penso ad alcuni sindacalisti, al mugnaio Rocco Gatto, a Peppino Valarioti, a imprenditori e anche tante altre persone che dissero "no" con convinzione alla ’ndrangheta». Ma, avverte, «le manifestazioni per la memoria e contro la ’ndrangheta sono ancora troppo poche. Siamo ancora lontani dal riscatto palermitano, però la strada è questa».

Cosa manca ancora procuratore?
Quella che deve cambiare è la classe dirigente calabrese che deve prendere consapevolezza che con la ’ndrangheta non si possono avere rapporti di nessun tipo. La strada è ancora piuttosto in salita, ma l’ottimismo non può mai abbandonarci.


Per decenni per le vie di Locri e di tanti paesi della Locride e di parte della Calabria si è sparato e ucciso, colpendo tante vittime innocenti, in un clima di paura e impunità. Come è stato possibile?
La storia dell’evoluzione della ’ndrangheta è data dal fatto che nei decenni passati non c’è stata una adeguata reazione dello Stato. Questa è una delle principali ragioni per le quali, grazie anche alla capacità di allacciare relazioni con tutti, è potuta crescere così a dismisura e ora estirparla è un problema molto serio. Cinquanta anni fa non era così, non aveva ancora assunto le dimensioni di sistema di potere. Ora dopo l’omicidio Fortugno le cose stanno lentamente cambiando, lo Stato si è impegnato concretamente ma, lo ripeto, soprattutto bisognerebbe che la classe dirigente capisse che è l’ora di una svolta e che non conviene più prendere accordi con la ’ndrangheta. Le inchieste di tutti i giorni ci dimostrano che ancora ci sono troppe collusioni.

La presenza del presidente della Repubblica, Sergio Mattarella è sicuramente un segno forte, importante...
È un segnale di sensibilità e di grandissimo conforto e vicinanza. E anche questo deve contribuire a un cambiamento che purtroppo tarda ad arrivare.

Per questa Giornata c’è stato un forte impegno della Chiesa calabrese a partire dai vescovi. Che ruolo può avere?
Il cambiamento viene proprio dalla base e dalle agenzie educative, tra le quali ovviamente la Chiesa occupa un posto di assoluto rilievo. L’impegno per la Giornata è sicuramente importante, così come le iniziative di tanti sacerdoti, ma anche la Chiesa deve fare dei passi avanti, seguendo sempre coi fatti le parole chiarissime dette da Papa Francesco proprio qui in Calabria dove scomunicò gli ’ndranghetisti.

Intanto la ’ndrangheta è ormai presente ovunque, compresa la Toscana dove avete aperto numerose indagini.
Credo che ormai anche la classe politica nazionale abbia preso coscienza che la ’ndrangheta è un fenomeno pericoloso a livello nazionale. I processi a Milano e Bologna lo dimostrano. La ’ndrangheta è insediata al nord ormai da decenni e si è potuta espandere nel silenzio. Anche in Toscana che è una terra ricca, che attira gli investitori di tutti i tipi. Le infiltrazioni nel tessuto economico ci sono, però quello che cambia tra la Calabria e la Toscana è la base di consenso sociale. La mafia è tale in quanto ha una base di consenso che in Toscana non ha. Qui investono, corrompono ma non hanno controllo del territorio. È più difficile scoprire i loro investimenti, ma una volta scoperti ci sono meno problemi a reprimerli perché non hanno una rete di collusioni, anche istituzionali, che permea invece ancora la società calabrese.

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