giovedì 7 marzo 2013
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All’improvviso gli scenari veri sembrano due. O prende forma un’intesa "alta" tra Pd e Pdl o la situazione può davvero precipitare e il voto a fine giugno diventare l’ipotesi più concreta. Al momento lo stallo è totale e Giorgio Napolitano lo ammette senza superflui giri di parole: «Si fa fatica in questa nebbia». Bisogna solo aspettare per capire come andrà a finire. E il necessario passaggio, prima di poter valutare i due scenari, è il quasi inevitabile fallimento della missione di un Bersani ancora deciso (nonostante il crescente malessere nel Pd) a convincere Grillo che un governo di minoranza sostenuto da M5S è la strada maestra. Poi, si aprirà la partita vera. I due rami del Parlamento sono convocati per il 15 marzo, il 16 si potrebbe cominciare a votare i presidenti delle Camere, dal 20 partirebbero le consultazioni e dal 16 aprile si deve aprire la partita-Quirinale con le votazioni per decidere il successore di Napolitano. Ora il grande interrogativo è uno solo: riusciranno Pd e Pdl a dialogare e a trovare una prima intesa sulle grandi cariche istituzionali? Prenderà forma quell’accordo (Maurizio Lupi alla Camera e Anna Finocchiaro al Senato) che oggi è solo una voce che rimbalza tra Montecitorio e Palazzo Madama? E, dopo, i due partiti riusciranno a indicare un candidato condiviso per il Colle? Troppi gli interrogativi per azzardare una previsione. E intanto viene avanti il fantasma di un voto prima della pausa estiva. Già a giugno. Qualcuno azzarda anche una data: domenica 30 e lunedì primo luglio. Uno scenario che non spaventa il presidente della Bce Mario Draghi che con sei parole chiarisce e rassicura: i mercati non temono le elezioni. Eppure al Quirinale una certa preoccupazione c’è. E prende forma dietro la risposta di Napolitano all’invito di Martin Schulz di andare a parlare all’Europarlamento il 13 marzo: crisi complessa, no grazie, resto in Italia.
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