martedì 13 agosto 2013
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«Non si può scindere la dimensione culturale da episodi che solo apparentemente sembrano così lontani fra loro». Giuseppe Sivelli, docente di psicologia clinica alle Università di Parma e di Firenze, non esita un attimo a indicare una radice comune nei casi di Verona – dove una donna di 31 anni è stata uccisa quasi sicuramente dal suo ex, un avvocato – e di Genova – dove una 46enne ha riportato lesioni gravi in seguito al ferimento avvenuto con un getto di acido –.Professore, cosa intende per dimensione culturale?Mentre la donna, con le battaglie dei decenni scorsi, ha percorso un cammino di crescita, e si è battuta per rivendicare giusti diritti, gli uomini, certi uomini, non sono cresciuti affatto. Continuando a considerare la donna una proprietà e non un individuo indipendente. Soprattutto, il corpo delle donne è vissuto, in non pochi contesti, come un oggetto. L’ottica di possesso prevale ancora sull’amore.In gran parte dei casi, come per l’episodio della 31enne ritrovata morta a Verona, le donne denunciano perché si sentono minacciate. Ma pare che serva a poco...Serve a poco perché per questi uomini psicopatici, incapaci di controllare l’istinto, fragili e narcisi al tempo stesso, dominati da impulsi di bestialità, il rifiuto delle donne diventa una ferita non sopportabile e quindi la vendetta è superiore alla logica stessa dettata dalla razionalità.Una vendetta che può facilmente portare alla morte.Certo. Le denunce passano in secondo piano per soggetti che si credono onnipotenti e che pensano di potercela fare. Sempre. Si uccide anche per soddisfare un piacere che nasce dalla rabbia. Nel caso di Verona, qualora il quadro indiziario dovesse essere confermato, sarebbe coinvolto un avvocato, una persona colta, addirittura un esperto di legge, nel quale però tra la parte conscia e quella inconscia, che tutti abbiamo, avrebbe avuto la meglio quella istintuale, inconscia. Che fa saltare ogni freno, fino a quando la piena consapevolezza, la razionalità, la lucidità, non riprendono il proprio posto, inducendo l’assassino a seminare bigliettini con la scritta «perdonami».Perché quell’istinto scatta?Qui conta poco la condizione sociale. Ciò che conta è quanto abbiamo educato questa dimensione ai valori altri, all’accettazione della diversità, e anche alla sessualità, che deve essere condivisa e che non va separata dall’anima, dai sentimenti.È dunque l’educazione la priorità per questa società dalle due facce?È prioritaria l’educazione prima di tutto al rispetto, all’accettazione della diversità. Non bastano famiglia e scuola. I media sono fondamentali e dovrebbero poter riportare anche storie edificanti. Penso a una strana coincidenza: un avvocato veronese si sarebbe reso responsabile di un orrendo crimine proprio mentre un suo collega, in Campania, dava la sua vita per salvare dei ragazzi che stavano annegando...
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