domenica 17 ottobre 2010
Per punire i responsabili di questi crimini, dal 1998 esiste una legge che prevede il carcere anche fino a dodici anni. Per la prima volta è stata applicata nel 2007 a carico di un trentino. Accordi europei per sconfiggere il fenomeno.
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C’è un turismo che sarebbe meglio scomparisse e l’Italia è in prima linea per questo obiettivo. Quello del turismo sessuale è un fenomeno, purtroppo, presente anche nel nostro Paese, contro il quale le istituzioni hanno avviato una dura battaglia. «Innanzitutto – ha dichiarato il ministro del Turismo, Michela Vittoria Brambilla, a margine della Conferenza nazionale del turismo conclusasi ieri a Villa Erba di Cernobbio (Como) – per definire questo fenomeno non userei il termine “turismo”, ma quello più appropriato di “viaggi della vergogna”. L’aspetto davvero devastante è che a compiere questi viaggi, solitamente nei Paesi più poveri del mondo, sono soltanto in minima parte dei pedofili, cioè delle persone malate. A imbarcarsi con l’idea di abusare dei bambini sono persone all’apparenza normali, solitamente tra i 30 e i 55 anni, che, ed è questo il risvolto più terribile, nel proprio Paese non commetterebbe mai atti del genere».Contro chi pensa di restare impunito soltanto perché ha commesso questo crimine a migliaia di chilometri di distanza dall’Italia, dal 1998 esiste una legge che prevede il carcere da sei fino a dodici anni. Una punizione esemplare che, in Italia, è stata adottata, per la prima volta, nel settembre del 2007 a carico di un trentino 55enne, abituale frequentatore del Sud-Est asiatico, accusato di aver abusato di ragazzini di 12 anni.Secondo le stime dell’Organizzazione mondiale del turismo, al cui interno è sorto il Comitato mondiale di etica per il turismo, agenzia specializzata delle Nazioni Unite con sede in Italia, nel mondo i bambini vittime dei “viaggi della vergogna” sono circa 2 milioni e mezzo, per il 40% minori di 11 anni e per un terzo maschi. «Questi abusi – ha proseguito il ministro Brambilla – sono diffusi dove è più forte la povertà e dove anche i controlli delle istituzioni e delle forze di polizia locali non sono così stringenti. Anzi, in molti casi, purtroppo, si deve parlare di connivenza degli stessi poliziotti, che fingono di non vedere ciò che accade sotto i loro occhi».Per questa ragione, è necessario che il primo contrasto avvenga alla partenza, cioè in Europa. «Con tutta la filiera italiana – ha ricordato Brambilla – abbiamo sottoscritto un Codice etico e ideato un Marchio di certificazione. Chi lo utilizza garantisce che i tour operator ai quali si appoggia nei Paesi di destinazione, non collaborano con chi sfrutta i bambini. Il vero controllo si esercita così, rompendo anche il muro di silenzio e di omertà che, in Italia, faceva scudo a questi criminali».Inoltre, proprio alla vigilia della Conferenza di Cernobbio, l’Ecpat, organizzazione internazionale contro gli abusi sui bambini, ha sottoscritto un accordo con gli operatori del settore, che prevede una formazione specifica del personale anche rispetto a queste tematiche.Per sensibilizzare ulteriormente l’opinione pubblica, il ministero ha anche ideato uno spot televisivo di grande impatto («In certi paradisi, quello che i bambini vedono è un inferno: e se fosse tuo figlio?»), lanciando una campagna informativa ed educativa a cui hanno aderito anche Spagna e Francia.«Questa – ha concluso il ministro – è una grande battaglia di civiltà che un governo non può combattere da solo. L’Italia è in prima fila ma anche gli altri Paesi europei devono collaborare al contrasto di questo crimine vergognoso».
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