sabato 19 gennaio 2013
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Scoppia il caso-Sicilia nel Comitato garanti del Pd. Dei 12 presunti "impresentabili" al vaglio della commissione nazionale di garanzia presieduta da Luigi Berlinguer, ne restano fuori cinque, «in base a un criterio di opportunità»: Vladimiro Crisafulli di Enna e Antonio Papania di Trapani, nonché Nicola Caputo di Caserta, per il quale i garanti hanno «considerato decaduta la deroga concessa dal Comitato elettorale nazionale». Rinunciano spontaneamente a correre nelle liste democratiche Bruna Brembilla e Antonio Luongo.Un "parto" lunghissimo e sofferto, la decisione di Berlinguer, sul quale sono subito arrivati gli strali dei siciliani. Nell’isola, il partito si è fortemente opposto all’esclusione dei suoi candidati più votati, ma – secondo le indiscrezioni – a prevalere è stata la linea dell’ex procuratore nazionale Antimafia Pietro Grasso, che nel "repulisti" delle liste avrebbe messo lo zampino. Senz’altro, uno dei candidati simbolo dei democratici, presentato con orgoglio dallo stesso Pier Luigi Bersani, non è rimasto indifferente alla "vittoria" dei garanti, tanto che appena il verdetto è stato reso pubblico, l’ex-magistrato si è compiaciuto del «fresco profumo di libertà di liste presentabili».Una certezza per Bersani, che aveva assicurato: «Abbiamo i nostri strumenti e, in generale, non posso garantire che non emergano problemi ma posso e devo garantire che sappiamo come risolverli e affrontarli», anche perché «non accettiamo tribunali improvvisati, abbiamo dei codici più severi delle leggi». Fin troppo severi, per la visione più garantista del pd siciliano. La Commissione di garanzia, infatti, ha valutato le candidature sulla base di una stretta griglia, che tiene conto di «due principi tra di loro in difficile equilibrio», spiega Berlinguer: la presunzione di innocenza del singolo e «la tutela dell’immagine e della stessa onorabilità» del Pd. Un sistema che ha salvato la giornalista anti-camorra Rosaria Capacchione.Criteri tutt’altro che condivisi dalla squadra siciliana. «È giacobinismo allo stato puro. Un errore e una scorrettezza clamorosa. Spero che il mio partito non continui su questa strada, quando si sceglie la via della purezza c’è sempre uno più puro che ti epura», tuona Crisafulli, senatore uscente e uomo fortissimo a Enna, rinviato a giudizio per concorso in abuso d’ufficio con l’accusa di aver fatto pavimentare a spese della Provincia la strada che porta alla sua villa.Un vero colpo per uno dei più influenti rappresentanti democratici dell’isola, che insieme a Nino Papania, ottenne il 12 per cento delle preferenze rispetto al totale dei votanti delle primarie, poco sopra i 100mila. Crisafulli, nella sua Enna, prese 6.348 voti, mentre Papania (che nel 2002 ha patteggiato due mesi e 20 giorni di reclusione per abuso d’ufficio), a Trapani, 6.165. Meglio di loro fece solo Francantonio Genovese, oltre 19mila preferenze.«Esterrefatto» anche Caputo, finito in un’indagine sui rimborsi ai gruppi consiliari con l’ipotesi di truffa e peculato. «Mi chiedo quanto valgono le regole? Basta un solo un avviso di garanzia per mettere uno fuori gioco». Il consigliere regionale della Campania, al contrario dei suoi compagni esclusi, non è certo di voler restare nel Pd. Ma intanto, il comitato elettorale di largo del Nazareno si è rimesso al lavoro per riempire le cinque caselle vacanti.
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