sabato 7 aprile 2018
Pressing anche sul Pd. Martina: confronto impossibile. Di Maio pubblicamente non rinuncia al veto contro Forza Italia ma tiene i contatti con il segretario della Lega per concordare le prossime mosse
Di Maio, in treno verso Ivrea A Sum-Capire ci sarà anche l’ex ministro Bray

Di Maio, in treno verso Ivrea A Sum-Capire ci sarà anche l’ex ministro Bray

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«Abbiamo comprato scorte e viveri in abbondanza», scherzano al quartier generale M5s. È un sorriso che si leva a fine serata, dopo una giornata di tensione e oggettiva difficoltà. Ma è anche un messaggio. Il Movimento e Di Maio si preparano a una maratona, a una lunga gara di resistenza e pazienza. Perciò ieri, dopo un primo scoramento di fronte alla notizia che il centrodestra salirà compatto al Colle per il secondo atto delle consultazioni, il Movimento è riuscito a mettere in piedi una controffensiva buona almeno per non restare imbrigliati: «Salvini – ha fatto trapelare lo staff della comunicazione che lavora a stretto contatto con Di Maio – deve scegliere tra il cambiamento e il riportare indietro l’Italia con Berlusconi. Con questa mossa - la delegazione unitaria al Colle - si sono messi all’angolo da soli».

Questa è una posizione destinata a restare ferma per almeno 48 ore, sino all’inizio della prossima settimana. Perché se Salvini risponde al veto anti-Berlusconi difendendo il Cav., allora autorizza M5s a rafforzare il pressing sul Pd. Di Maio oggi ufficializzerà questa nuova linea a Ivrea con Davide Casaleggio, avviando sin da subito un cannoneggiamento contro e verso il Nazareno per 'costringerlo' a sedersi al tavolo. «Vogliamo vedere come diranno 'no' a un contratto che prevede il raddoppio dei fondi per il Rei, aiuti alle famiglie, risposte precise su tutti i punti che Martina ha elencato dopo le consultazioni», annunciano i fedelissimi del capo politico. In realtà, i vertici del Movimento sono consapevoli che il tentativo con il Pd non andrà a buon fine. Servirà, al massimo, per guadagnare una settimana di tempo.

Settimana durante la quale i contatti con Salvini resteranno costanti e durante la quale il segretario della Lega lavorerà a nuovi complicati equilibri che consentano di accordarsi con M5s senza buttare alle ortiche la coalizione di centrodestra. Secondo alcune fonti di agenzia, anche ieri Di Maio e Salvini si sarebbero sentiti telefonicamente e i toni sarebbero stati concilianti. Se ciò conduce all’atteso faccia a faccia prima del secondo giro di consultazioni, è da vedere. D’altra parte i primi accenni del nuovo pressing di M5s sul Pd non sono, per così dire, fortunati. L’incaricato di lanciare le prime bombe, Danilo Toninelli, sbaglia la prima frase del suo appello: «Siete i colpevoli delle politiche fallimentari degli ultimi anni...». Quanto segue, nemmeno ha importanza. L’incipit basta e avanza a Martina per dire che «ogni confronto è impossibile ».

Un passo falso, quello del capogruppo pentastellato al Senato. Perché il reggente è già sotto cannoneggiamento di Renzi, e con quella frase Toninelli ha reso complicato qualsiasi accenno di apertura. Al punto che anche il leader della minoranza dem, Andrea Orlando, deve chiudere ogni spiraglio. Dell’operazione-Pd, quindi, dovrà occuparsi Di Maio in persona. Il punto è se il capo politico si spingerà sino a cercare un contatto diretto con Renzi, ma pare difficile. Il 'doppio no' di Pd e centrodestra non è facile da digerire, per Di Maio. Urge un rilancio. Anche agli occhi del Colle, che ieri è apparso abbastanza preoccupato dall’assenza di una pur minima soluzione. E che ha iniziato a far trapelare la ferma intenzione di non lasciare l’Italia senza un governo, sino all’extrema ratio di chiamare le forze politiche tutte intorno a un nome e un programma di transizione. Il capo politico M5s sa dunque che ha ancora del tempo per tenere caldi i due forni, ma non infinito.

E la consapevolezza che le opportunità maggiori sono con Salvini non è affatto svanita. Si tratta di dare al segretario della Lega il tempo di chiarirsi con Berlusconi, convincerlo a stare più lontano possibile dal nuovo esecutivo che potrebbe nascere. Cosa significhi in concreto, è da vedere: è sufficiente che Fi accetti Di Maio premier, ipotesi ieri rispedita al mittente da Tajani? Significa niente ministri a Fi o solo tecnici d’area? Significa appoggio esterno in Parlamento e non fiducia? Significa suscitare una successione interna al Cavaliere o tirare fuori un gruppo di responsabili?

«È un problema di Salvini, non nostro», sfugge ai dirigenti M5s confermando però che le trattative con il Carroccio sono sempre in corso. Questi ragionamenti si svilupperanno a Ivrea. A dare sicurezza a Di Maio, il consenso che non viene incrinato dalle prime difficili trattative di Palazzo. Addirittura ieri in piazza Montecitorio campeggiava un lungo striscione di «solidarietà» di un gruppo pentastellato della Romania. Una nota di colore in una giornata con sfumature di grigio.

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