mercoledì 28 settembre 2022
Meloni chiede la sponda del premier Draghi per convincere l'uomo di Bankitalia. Il vicepresidente Fi in ballo per gli Esteri e per la Camera. Per Salvini un dicastero economico
Il vicepresidente Fi in ballo per gli Esteri e per la Camera

Il vicepresidente Fi in ballo per gli Esteri e per la Camera - Ansa

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La grande trattativa per Camere e governo è iniziata con la visita di Antonio Tajani, vicepresidente di Forza Italia, al quartier generale di Giorgia Meloni. Il numero due di Fi è stato messaggero del pensiero e delle richieste di Berlusconi: il risultato elettorale degli azzurri è stato superiore alle aspettative, e il contributo alla coalizione, alla luce del crollo della Lega, è risultato decisivo; di conseguenza, gli schemi della vigilia vanno rivisti. «Tre ministeri? Io spero almeno quattro», dice Tajani uscendo da via della Scrofa, pur negando che si sia parlato di nomi.

In realtà di nomi si parla a flusso continuo. Anche per via dei tempi rapidi chiesti da Sergio Mattarella quando, il 17 ottobre, nominati i presidenti di Camera e Senato, potrebbe iniziare l’iter per la formazione dell’esecutivo. L’ultima ipotesi sul tavolo è quella di consolidare la coalizione con due vicepremier, ovviamente il capo della Lega Matteo Salvini e lo stesso Tajani. Sarebbe una mossa che consentirebbe a Meloni di assegnare al leader del Carroccio, insieme al vicepremierato, un ministero economico di peso, ma non il tanto ambito Viminale. Anche Tajani assocerebbe all’ufficio a Palazzo Chigi un dicastero importante: dagli Esteri alla Difesa, il vicepresidente di Fi è adoperabile in tutte quelle caselle che richiedono sintonia con Bruxelles.

Tuttavia, il profilo di Tajani si incrocia anche con la partita delle presidenze di Camera e Senato: l’ex presidente dell’Europarlamento potrebbe salire sullo scranno più alto di Montecitorio, lasciando il Senato alla Lega. Una carica istituzionale a testa, ma anche questo schema andrà verificato così come sarà vagliata la possibilità di lasciare la Camera alle opposizioni, nonostante le riserve nello stato maggiore di Fdi. Il Tesoro è una vicenda a parte. Meloni vuole l’uomo di Bankitalia e membro dell’esecutivo Bce Fabio Panetta, considerato come la 'garanzia preventiva' da mettere dinanzi agli occhi dei mercati e del mondo. C’è il problema, non da poco, della posizione che l’Italia perderebbe a Francoforte. La leader Fdi cerca sul dossier-Tesoro la sponda di Draghi, perché accompagni anche la sua 'moral suasion'.

Un’alternativa a Panetta sarebbe l’ex ministro dei governi Berlusconi Domenico Siniscalco. Tra le voci di giornata, anche quella, sempiterna, di uno sdoppiamento tra Tesoro e Finanze. Se andasse in porto l’ipotesi di un dicastero economico per Salvini, la casella del Viminale potrebbe essere affidata a un tecnico di aria: Matteo Piantedosi, Giuseppe Pecoraro. Considerando Guido Crosetto e Giancarlo Giorgetti buoni per l’intero scacchiere di governo, per i sottosegretariati a Palazzo Chigi si fanno i nomi di Francesco Lollobrigida, Giuseppe Chiné e, soprattutto, Giovanbattista Fazzolari, plenipotenziario della leader sulle trattative politiche. Per gli Esteri, oltre a Tajani, sembra essere in gioco anche Elisabetta Belloni. Così come alla Difesa girano i profili di Stefano Pontecorvo e Edmondo Cirielli. Pressing discreto in corso su Letizia Moratti che però ha in mente solo la Regione Lombardia, mentre la Lega vorrebbe riportare al governo Giulia Bongiorno (Giustizia), Edoardo Rixi (Infrastrutture), Massimo Garavaglia ed Erika Stefani. Uno o anche due dicasteri senza portafoglio potrebbero essere assegnati ai centristi. A Raffaele Fitto, che ha aperto a Meloni la strada dei Conservatori europei, possibile che vada la delega ai Rapporti con Bruxelles. Per Fi, ruoli in vista per Annamaria Bernini e Licia Ronzulli.

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