venerdì 3 settembre 2010
Processo breve, Alfano sul Colle per spiegare. Berlusconi: «Non sono stato io a cacciare il presidente della Camera si è messo fuori da solo. In ogni caso avremo i numeri per portare avanti l’azione di governo». Riunione ex An da Alemanno.
- Bersani: il berlusconismo porta alla fogna
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Il barometro della giornata lo dà la folla che, alle 7 della sera, accoglie Berlusconi che lascia palazzo Grazioli urlando (non tutti, ma più di qualcuno) «presidente, caccia Fini». Ormai all’antivigilia dell’attesissimo discorso di Gianfranco Fini a Mirabello, il presidente del Consiglio sceglie una linea drastica. Resa esplicita anche dalla decisione di non rinviare il "processo" ai tre finiani affidato ai probiviri (vedi a fianco). Fino a sabato non è più tempo di mediazioni o d’ipotesi di tregua. Quanto potrà avvenire alla festa di "Futuro e libertà" viene ritenuto non risolutivo, in casa Pdl. E la possibilità concreta di riallacciare il dialogo è praticamente ridotta al lumicino, se non tramontata del tutto.È questo il bollettino della giornata che filtra dalla residenza romana del premier. «Chi sta con noi sta con noi – sono state le parole del Cavaliere, dette anche alla presenza del coordinatore Denis Verdini – e chi non sta con noi, a partire dal processo breve, è fuori». Ma nel Pdl cresce il fermento, testimoniato dalla riunione tenuta, nello studio del sindaco di Roma, Gianni Alemanno, da un gruppo di ex An fedeli a Berlusconi: c’erano La Russa, Gasparri, Matteoli e Meloni. E monta anche una certa insofferenza per le ultime uscite del presidente Napolitano, dal nodo del ministero dello Sviluppo alla giustizia. Quest’ultimo resta il capitolo-chiave e Berlusconi non a caso ha inviato il ministro della Giustizia, Angelino Alfano, a illustrare al capo dello Stato possibili modifiche al processo breve. Mentre a illustrare il sentimento della base ci pensa Filippo Berselli, presidente della commissione Giustizia al Senato: «Nessuno discute le prerogative del capo dello Stato, però queste non possono in nessun modo interferire con le prerogative del Parlamento».È una linea dura cementata dai collaboratori ricevuti ieri: due "falchi" come Ignazio La Russa e Daniela Santanchè, in aggiunta al vertice di due ore che ha visto presenti pure i ministri Alfano e Brambilla. La convinzione del premier resta che ce la farà ad andare avanti senza compromessi particolari, ma anche senza correre il rischio di finire al voto anticipato. Un’eventualità che - si pensa nel Pdl - certo non prenderà corpo per la nascita del nuovo partito finiano, che Berlusconi e i vertici del Pdl non si aspettano.Il premier pensa che Fini domenica non "strapperà", che punterà a non rompere ma a logorare, perché «il tempo serve a lui più che a noi». E che, alla ripresa dei lavori parlamentari, la maggioranza avrà lo stesso i numeri per portare avanti l’azione di governo. Come massimo, Berlusconi si attende che il presidente della Camera insisterà nel sostenere che è stato cacciato, ma a questa accusa il Pdl risponde che c’è, nero su bianco, il documento della direzione di aprile a far capire agli elettori come sono andate le cose. Quel testo fu approvato con 157 voti a favore e appena 12 contrari. E fu allora che costoro si sono messi fuori dal Pdl, non li ha cacciati Berlusconi.
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