venerdì 6 novembre 2020
Blitz a Naro dei carabinieri e della procura di Agrigento. Denunciati due pastori. Si erano impossessati di veri ettari, confiscati alla mafia, con 1.200 pecore e mezzi agricoli. L'inchiesta va avanti
L'apicoltura nella cooperativa Livatino

L'apicoltura nella cooperativa Livatino - Sito di Progetto Policoro

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Liberati i terreni della cooperativa Rosario Livatino che erano stati occupati abusivamente da otto anni. Ieri è scattato il blitz dei carabinieri, coordinati dalla procura di Agrigento, che ha portato alla denuncia di due pastori residenti a Campobello di Licata e Ravanusa, e al sequestro di 1.200 pecore che illegalmente occupavano alcuni ettari, confiscati alla mafie e assegnati alla cooperativa che porta il nome del giovane magistrato ucciso il 21 settembre 1990. Terreni in contrada Gibbesi nel comune di Naro, che a metà degli anni '80 aveva sequestrato proprio il "giudice ragazzino", assegnati nel 2012 alla cooperativa che fa parte del Consorzio Libera terra, ma mai coltivati proprio per l'occupazione abusiva. Un mese e mezzo fa, in occasione del trentennale dell'omicidio di Livatino, Avvenire aveva denunciato questa grave illegalità che avveniva da anni sotto gli occhi di tutti.

Oggi è scattata l'operazione dei carabinieri della compagnia di Licata che ha sanato "un torto immorale", come si legge nel comunicato dell'Arma. I due pastori, padre e figlio di 51 e 28 anni, sono accusati di invasione di terreni o edifici e di furto aggravato di energia elettrica. Infatti, oltre ad aver occupato abusivamente i terreni, si erano allacciati altrettanto abusivamente alla rete elettrica con un lunghissimo cavo. Non un'occupazione "leggera" dunque. I carabinieri sottolineano, infatti, come i due pastori (uno con precedenti penali) avessero occupato abusivamente oltre ai terreni anche un "baglio", una bellissima fattoria tipica siciliana, "adoperati per custodire il proprio gregge di ovini e per parcheggiare vari mezzi agricoli". Come avevamo visto e descritto, erano ben visibili un grande ovile, trattori, enormi "rotoballe" di fieno. I due, sempre sui terreni occupati abusivamente, avevano anche realizzato delle serre nelle quali l'irrigazione avveniva prelevando abusivamente l'acqua da un laghetto, anch'esso parte del bene confiscato, attraverso una condotta fatta passare su altri terreni della cooperativa. Una presenza che aveva reso problematica l'aratura.

Non l'unico danno per la Livatino. A maggio l'intero terreno coltivato a ceci, circa 20 ettari, era stato distrutto dalle pecore che avevano mangiato tutte le piante. Proprio allora i giovani della cooperativa avevano presentato l'ennesima e documentata denuncia. Ieri la "liberazione". Un'operazione complessa alla quale hanno partecipato anche i militari del Centro anticrimine natura, tecnici dell'Enel e personale dell'Azienda sanitaria provinciale di Agrigento, per controllare anche il possesso dei requisiti sanitari e veterinari, in particolare per la brucellosi.

"Un segnale importante", quello che si è voluto dare "di ripristino della legalità" e "di sostegno al prezioso impegno dei giovani della cooperativa che non devono essere lasciati", ci tengono a sottolineare in procura. Ringraziando anche il lavoro di Avvenire. Lo stesso procuratore Luigi Patronaggio e l'aggiunto Salvatore Vella avevano assicurato la massima attenzione. Anche perchè la zona è particolarmente delicata, come dimostrano recenti gravi danneggiamenti ad altri agricoltori e lo stesso incendio di 10 ettari a grano subito dalla cooperativa a giugno.

L'operazione di oggi è, dunque, solo un primo passo, forse il più semplice vista la palese occupazione illegale. Le indagini proseguono sia per identificare i responsabili dell'incendio sia sull'altra occupazione abusiva, ben 70 ettari, anche questa vecchia di 8 anni. Forse vicende collegate tra loro. La cooperativa "manifesta il suo più sentito apprezzamento per le indagini condotte dalle Forze dell’Ordine e dalla Magistratura" parlando di "un segno tangibile dell’attenzione dello Stato nel contrastare i fenomeni criminali nel nostro territorio, che ci
incoraggia a continuare l’impegno nella valorizzazione di beni collettivi, quali sono i beni confiscati alla mafia".


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