venerdì 24 febbraio 2012
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​È diventato un campo minato quello su cui camminano le liberalizzazioni. Il governo ha compreso che su alcuni punti (taxi, farmacie e avvocati su tutti), si gioca fette troppo grosse di credibilità. E sembra deciso a mostrare i muscoli per evitare l’accusa - che già monta sui giornali e tra le opposizioni - di «aver ceduto» ai "poteri forti". Pd e Pdl, d’altra parte, hanno riversato nei loro emendamenti numerose esigenze provenienti dalle categorie più toccate dal decreto. Risultato: tocca al Terzo polo scostarsi per la prima volta dalla linea del «sostegno senza se e senza ma» e lanciare, con Francesco Rutelli, un insolito warning tanto a Monti quanto, soprattutto, agli "alleati": «Così non va, si rischia la palude, andiamo all’indietro anziché procedere avanti. Il nostro voto non è scontato». Una minaccia che rientra dopo un faccia a faccia con l’esecutivo.A rendere plasticamente lo stallo è la situazione in cui si trova la commissione Industria del Senato, che dovrebbe varare il testo definitivo. Annullate tutte le sedute di ieri - anche quella notturna - e la riunione prevista stamattina. Si riparte, forse, oggi alle 14,30, ammesso che i due relatori (Bubbico del Pd e Vicari del Pdl) trovino la quadra con il governo. Una situazione difficile. Che i terzisti Rutelli, Galletti e Baldassarri provano a smuovere incontrando i sottosegretari De Vincenti, Malaschini e Improta. E dal loro incontro emerge tutto il malumore dei professori per le modifiche partorite a Palazzo Madama sulle auto bianche: «Sono d’accordo con noi – rivela Mario Baldassarri di Fli –, bisogna riassegnare più poteri all’Autorità e meno ai sindaci nell’assegnazione delle nuove licenze». È il grande nodo simbolico: Monti, l’uomo che ha piegato Microsoft e Bill Gates in Europa, non vuole risultare come l’ennesimo premier sottomesso alla "lobby dei tassisti". Per lo stesso motivo, il premier e il ministro Balduzzi si sono mossi per riportare in capo al dicastero della Salute la riscrittura dell’articolo sulle farmacie.Il premier sembra in difficoltà. Anche perché Pd e Pdl appaiono soddisfatti dalle mediazioni raggiunte in sede parlamentare, e dunque offrono - al momento - poche sponde. Enrico Letta, ad esempio, via twitter getta acqua sul fuoco: «Il risultato finale è buono, l’immagine della retromarcia è sbagliata». E il capogruppo al Senato del Pdl, Maurizio Gasparri, assicura: «Stiamo facendo un lavoro proficuo, il testo arriverà in Aula nei tempi previsti». Ma a Monti quanto fatto su auto bianche e farmacie sembra decisamente meno "liberalizzante" di quanto previsto dal governo, al punto da oscurare i passi in avanti segnati in commissione Industria su Rc auto, conti correnti, commissioni bancarie, scorporo della rete gas e Authority dei trasporti.Ma se Pd e Pdl camminano con lo stesso passo, a Monti restano poche armi per evitare il "depotenziamento" del cresci-Italia. La prima è stata già usata ieri, il combinato disposto degli interventi a supporto di Mario Draghi e Giorgio Napolitano, il primo sull’urgenza delle liberalizzazioni, il secondo sull’emendabilità "limitata" dei decreti. L’altra arma da giocare è un vertice di maggioranza con Alfano, Bersani e Casini. Da tenersi «quanto prima», reclamavano ieri nei dicasteri interessati dal provvedimento. Un incontro necessario per poi affidare all’esecutivo la scrittura di un maxiemendamento privo, come annunciato dallo stesso Monti, delle correzioni più "imbarazzanti".
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