venerdì 8 agosto 2014
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Colmare la distanza tra le risorse investite per insegnare le lingue straniere nelle scuole e l’effettiva padronanza che di esse hanno gli studenti. Benché le lingue, a partire dall’inglese, oggi si studino fin dalle elementari (e in alcuni contesti anche prima), il loro utilizzo corrente e quotidiano non è ancora diventato patrimonio comune, come invece avviene in altri Paesi, soprattutto del Nord Europa. Per questa ragione, da settembre gli studenti dell’ultimo anno dei Licei e degli Istituti tecnici saranno sottoposti a una vera e propria “immersione linguistica”, attraverso la diffusione della metodologia Clil (Content and language integrated learning), per l’insegnamento in lingua straniera di discipline non linguistiche. Matematica, geografia, filosofia e storia dell’arte, potranno così essere insegnate a apprese in una lingua diversa dall’italiano, che per gli Istituti tecnici dovrà essere obbligatoriamente l’inglese. L’obiettivo è arrivare a coprire in lingua straniera almeno il 50 per cento delle ore d’insegnamento della materia prescelta. Per illustrare la novità alle scuole, nei giorni scorsi il direttore generale del Dipartimento per l’Istruzione del Ministero, Carmela Palumbo, ha inviato una circolare a tutti i dirigenti, che saranno i primi attuatori della riforma, avviata nel 2010 dall’allora ministro Gelmini. L’inizio sarà comunque graduale», tranquillizza la dirigente ministeriale, che ricorda come le attività di formazione dei docenti da dedicare all’insegnamento secondo la metodologia Clil siano ancora in atto. Al momento, ne sono stati formati circa 4mila, ma, per coprire l’intero fabbisogno, saranno necessari almeno altri 45 anni. Ai docenti è infatti richiesta una competenza nella lingua straniera di livello C1 (secondo il Quadro comune europeo di riferimento per le lingue), oltre alla conoscenza dei saperi disciplinari delle materie del proprio ordine di scuola, integrando lingua e contenuti. La competenza C1 è un gradino sotto il livello C2 che è considerato prossimo alla madrelingua. La certificazione di queste competenze è affidata alle università, con cui il Miur ha stipulato apposite convenzioni per la formazione degli insegnanti. In avvio, comunque, anche i docenti in possesso di certificazione B2 (livello avanzato), che stanno frequentando percorsi formativi, potranno essere impiegati nella didattica Clil. «Da parte degli insegnanti – ricorda Palumbo – la novità è stata accolta con molto entusiasmo, tanto che abbiamo avuto parecchie richieste di partecipazione ai corsi di formazione, che risultano fortemente qualificanti. La partecipazione è su base volontaria e, al momento, non sono previsti incentivi contrattuali, anche se di questo dovremo discutere coi sindacati». In questa prima fase, l’avvio dell’insegnamento secondo la metodologia Clil sarà sostanzialmente affidato alla capacità delle scuole di fare «massa critica» e attivare le «migliori risorse» a disposizione. Fondi specifici non sono previsti così come nuove assunzioni, ma le scuole dovranno impiegare il personale già in forza. In assenza di docenti con le competenze necessarie, saranno attivate reti di scuole e incontri tra scuole, anche a distanza in videoconferenza, per condividere competenze ed esperienze. Inoltre, si legge nella circolare inviata ai presidi, «potranno essere valorizzate anche le competenze degli insegnanti che rientrano in Italia dopo aver prestato servizio in scuole italiane all’estero». La scelta delle materie che saranno insegnante con il metodo Clil è lasciata all’autonomia delle scuole, così come la lingua straniera in cui saranno impartite le lezioni. Unico vincolo, come detto, è l’inglese per gli Istituti tecnici. Per i Licei linguistici è invece previsto che, a partire dal quarto anno, due materie saranno insegnate in due diverse lingue straniere. «L’insegnamento della disciplina non linguistica – conclude Palumbo – sarà valutato anche durante l’Esame di Stato nell’ambito della terza prova scritta e della prova orale, per mettere gli studenti in condizione di valorizzare il lavoro svolto durante l’anno». Tuttavia, se la materia insegnata in lingua straniera è quella oggetto della seconda prova scritta, l’esame dovrà essere svolto in italiano.
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