giovedì 18 ottobre 2018
Da Bruxelles una lettera nella quale si chiedono chiarimenti. Tra Roma e la Commissione la distanza è grande.
Il ministro all'Economia Giovanni Tria, a sinistra, e il commissario Ue per l'Economia Pierre Moscovici (Ansa)

Il ministro all'Economia Giovanni Tria, a sinistra, e il commissario Ue per l'Economia Pierre Moscovici (Ansa)

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Tecnicamente non è ancora una bocciatura e nemmeno un richiamo formale, "solo" una richiesta di chiarimenti. Ma il contenuto della lettera recapitata personalmente ieri a Roma dal commissario Pierre Moscovici in un incontro con il ministro Giovanni Tria al Mef mette nero su bianco la distanza siderale che si è aperta tra il governo e le istituzioni Ue sui conti pubblici. Nei documenti di bilancio presentati dall’Italia, Bruxelles vede una «deviazione senza precedenti nella storia del Patto di stabilità» dalle regole europee, un programma che configura «una violazione grave e manifesta delle raccomandazioni adottate dal Consiglio europeo» per il 2019, mentre l’aumento della spesa pubblica e del deficit al 2,4% del Pil rappresentano «un motivo di seria preoccupazione per la Commissione e gli Stati membri». La missiva, firmata da Moscovici e dal vicepresidente Dombrowskis, rappresenta il primo passaggio nell’iter di valutazione della manovra e si conclude chiedendo a Tria di fornire le sue osservazioni entro lunedì prossimo, in modo che la Commissione «possa tenerne conto prima di emettere il suo parere formale sul programma italiano», previsto entro la fine di ottobre.

Nella conferenza stampa che ieri pomeriggio ha fatto seguito all’incontro tra il responsabile economico della Commissione e il capo del Mef entrambe le parti hanno parlato di «dialogo costruttivo», «continuo» e da approfondire. I toni sono stati amichevoli e cortesi. Ma resta il macigno di numeri difficili da avvicinare. Un maquillage stavolta non basta. Bruxelles mette nel mirino il peggioramento di 0,8 punti del saldo strutturale a fronte del miglioramento dello 0,6% concordato, uno scarto definito appunto «senza precedenti» di circa l’1,5% del Pil, che significa tradotto in cifre di oltre 25 miliardi. «Siamo in disaccordo, ci sono valutazioni divergenti ma dobbiamo gestire questo disaccordo con sangue freddo, restando all’interno delle regole comuni», ha raccomandato l’ex ministro francese ricordando i 30 miliardi di flessibilità sul deficit concessi all’Italia negli anni passati a riprova dell’attenzione della Commissione al nostro Paese. «Le opinioni politiche le dobbiamo lasciare alla porta. Dobbiamo essere totalmente obiettivi, neutrali», ha aggiunto. Ma proprio l’invito a non esasperare il confronto nei toni dà il senso della distanza sui contenuti. E anche quanto Moscovici sottolinea di avere «solo il Piano A, quello di restare insieme nella zona euro» fa intravedere quale potrebbe essere il prezzo di una una rottura.

«L’Italia –ha spiegato il commissario – ha diritto di scegliere le sue priorità di bilancio, la Commissione non interferirà sulle scelte che sono legittime. Ma abbiamo tre domande da rivolgere» a Roma: la prima è come finanzierà le spese nuove annunciate; la seconda è sul percorso per il calo del debito pubblico, la terza chiede conto della mancata convalida della Nadef da parte Ufficio parlamentare di bilancio, uno stop che evidenzia la non credibilità delle previsioni governative oltre a rappresentare una violazione delle regole. E in serata in Tv chiarisce ancora: il deficit non può restare al 2,4%, non è possibile con le regole Ue.
Da parte sua Tria ha ammesso «le diverse valutazioni» emerse tra Roma e Bruxelles e spiegato che occorrerà «approfondire e far conoscere le ragioni delle nostre politiche e le riforme strutturali che potranno far avvicinare, speriamo, le posizioni». E invitato a sua volta «ad andare avanti nel dialogo tra il governo e la commissione» mentre «altra cosa sono i toni del dibattito politico esterni». Quanto ai numeri della manovra Tria ha chiarito che il Parlamento può «concentrarsi sul miglioramento della qualità dei provvedimenti che saranno presi. I governo è sempre pronto ad accogliere contributi migliorativi» a patto che «non mettano in discussione i saldi approvati».

Dai vertici del governo i toni verso Bruxelles sono meno diplomatici: «Se si tratta di un ultimatum, è inaccettabile», ha commentato Luigi Di Maio che, rivolgendosi ai responsabili della Commissione, ha affermato: «Abbiate il coraggio di dire agli italiani che non hanno i diritti degli altri europei, non pontificate da Bruxelles». «C’è bisogno di spendere soldi per per l’Italia. Parigi, Bruxelles e Berlino non rompano le scatole se il governo vuole investire soldi», è il messaggio di Matteo Salvini.

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